martedì 30 novembre 2010

C'è nessuno?

Nell’opera teatrale La cantatrice calva di Eugène Ionesco, il signor Martin sostiene che, quando si va in giro, si vedono cose straordinarie. Addirittura, si può incontrare un signore che legge beatamente il giornale sul tram. Il dilemma che non gli dà pace è però complicatissimo: quando bussano alla porta, c’è qualcuno oppure no? La risposta è tutt’altro che scontata: a volte sì e a volte no.
Lo spettacolo messo in scena nel consiglio comunale di ieri è stato davvero degno del teatro dell’assurdo. Ad un mese dalle dimissioni del vicesindaco, Pippo Ascrizzi, il sindaco ha ritenuto di dare delle “comunicazioni”. Meglio tardi che mai. Un’opposizione più attenta avrebbe dovuto incalzare l’amministrazione sulla questione, magari con un manifesto pubblico che sottolineasse l’anomalia di due dimissioni consecutive, quelle dell’ex presidente del consiglio comunale, Tonino Alati, e quelle, appunto, di Ascrizzi, entrambe “per motivi personali”.
Lo intuiscono anche i sassi che i motivi sono altri. Eppure, tutto tace. Il torpore più assoluto. D’altronde, la classe politica e amministrativa è espressione della cittadinanza. La quale, tanto per usare un eufemismo, non dimostra particolare interesse per le vicende del Comune. Altrimenti, ad un consiglio comunale convocato dopo le dimissioni del vicesindaco, avrebbero dovuto assistere più cittadini rispetto ai nove – compresi i dipendenti comunali – che non hanno certo faticato per trovare le poltroncine libere.
Nello specifico, il sindaco ha dato lettura delle dimissioni di Ascrizzi, chiosandole – e qui sta la demenzialità – con l’auspicio beffardo che il suo ex vice possa continuare a dare il proprio contributo all’amministrazione comunale per la crescita del paese. Invece dell’apertura di una discussione sul punto – le frecciatine di Creazzo e Papalia non possono considerarsi tale – abbiamo appreso dal sindaco che gli è stata proposta una collaborazione dal primo cittadino di un comune con 700.000 abitanti – a conferma dell’ormai notissimo “qua c’è scienza”, pronunciato in un precedente consiglio – e che il nostro ragioniere comunale non ha eguali in tutta la Calabria. Per carità, è giusto lodare chi lavora bene; sull’auto-elogio, invece, continuiamo a pensarla come il saggio (“chi si loda s’imbroda”): è decisamente poco elegante.
Non è un po’ inconsueto che in un consiglio si parli più della bravura di un dipendente comunale che delle dimissioni del vicesindaco? Il cattivissimo commissario d’esami interpretato da Alberto Sordi nel film Totò e i re di Roma, al cospetto della deludente performance del nostro consiglio comunale, non avrebbe avuto alcuna indulgenza e avrebbe cominciato a strillare: “Senz’altro bocciato! Senz’altro bocciato!”

1 commento:

Carmen ha detto...

Ma che ti aspettavi? Del resto "the show must go on"... Anche senza vicesindaco e presidente del consiglio (carica utile in un comune di circa 3000 abitanti?). Questo spettacolo è iniziato 3 anni fa e deve proseguire altri 2 anni, è la norma! E' in questo che l'opera teatrale "Un municipio in comune" (opera ambientata a Sant'Eufemia d'Aspromonte che parla di amministrazioni comunali che si susseguono nel tempo in un paesino stanco di vivere e, per questo, adatto all'indifferenza e al menefreghismo di chi occupa un posto importante al municipio; la caratteristica principale delle amministrazioni messe in scena è che sono costituite sempre dalle stesse persone "in comune", poichè queste passano dalla maggioranza all'opposizione, e viceversa, con la facilità con cui si cambia una maglietta) differisce dal teatro dell'assurdo: quest'ultimo ha tempi molto più brevi. La "destrutturalizzazione del linguaggio" è avvenuta pienamente: l'opposizione parla (attraverso frecciatine) ma le azioni non corrispondono a quanto viene detto (un pò come i protagonisti di "Aspettando Godot" che dicono "andiamocene" ma non si muovono). Inoltre, siamo davanti ad un perfetto esempio di "fallimento della comunicazione": gli attori usciti di scena"
hanno lanciato un messaggio preciso ma gli altri interpreti (così come molti spettatori) non hanno capito, o meglio hanno capito a modo loro. Tutto questo ha portato all'apice la recita: il frutto è il proporre sulla scena fatti che non c'entrano nulla con le cose importanti, cose sconnesse dai problemi reali. L'unica pecca che presenta questa rappresentazione è il mancato venir meno della "sospensione dell'incredulità" (a parte che per te e pochi altri, questo effetto stranamente non c'è stato per il resto del pubblico; ma la colpa non è degli attori, è degli spettatori poco attenti). Nel complesso spettacolo degno dei mogliori cabaret! Oserei dire geniale, se non fosse che si tratta della realtà e non di teatro... Grottesco? Beh comunque fa ridere. E' un riso amaro, un riso triste. Assurdo? Questo dipende da noi, solo da noi cittadini.