giovedì 24 novembre 2011

Miracolo: il commento di Luis al mio articolo sui Pink Floyd


Potenza della musica! Da quando gestisco questo blog (e anche prima, dai tempi di santeufemiaonline), avrò chiesto un'infinità di volte a mio fratello un articolo sui Pink Floyd. In alternativa, un argomento a piacere. Niente di niente, inviti sistematicamente andati a vuoto. Poi arriva il commento di Blackswan a un mio articolo e si compie il prodigio. Tra di loro ci deve per forza essere un'alchimia particolare, quella che accomuna le persone animate da una stessa passione. E questo è il bello della rete: persone che neanche si conoscono riescono a comunicare, ad emozionarsi, a vivere. Di questi tempi, è un miracolo.

Prima di tutto le scuse. Nonostante abbia molte volte avuto la “quasi voglia” di dire la mia sui vari argomenti discussi nel blog di mio fratello, mi sono sempre astenuto dal farlo; diceva il buon Raz: “sono fatti miei”. Stavolta no. E rinnovo le mie scuse per la prolissità di quanto segue.
Parto subito con un piccolo appunto a Blackswan (concedimelo in virtù del fatto che pochi eletti mi chiamano Blackman…): “feticismo” mantiene di fondo un’aura negativa, un’accezione “terra-terra” che non può associarsi all’arte. Nel mio caso (ma da quello che ho letto credo anche nel tuo) io sarei più portato a parlare di “estasi”. Emozioni fuori dai canoni, che se sei fortunato provi una volta nella vita. Ecco, in questo senso io sono MOLTO fortunato. Quando comprai The wall era il mio regalo a me stesso, compivo 14 anni. E sono venticinque anni che ogni volta che ascolto l’assolo di Comfortably numb mi commuovo fino al midollo. Il buon David l’avrebbe poi via via ritoccato fino a compiere il miracolo nel live Pulse. Perché, piacciano o meno i Pink Floyd, in quell’occasione Gilmour ha fatto vedere a Dio e agli uomini cosa si può fare con un pezzo di legno e sei corde.
Tempo fa mio fratello scriveva della notte più bella della sua vita. Per me c’è un prima e un dopo il 20 settembre 1994. Tutto qui. O si capisce senza parole, o non ne basterebbero milioni.
Per il resto, sono contrario alle classifiche, tutte ovviamente influenzate dai gusti personali (per lo stesso motivo diffido dei critici: di conseguenza, anche e soprattutto ciò che dico va preso con le pinze) ma un punto urge sia chiarito. Nella stragrande maggioranza dei casi, pochi prescelti dal fato realizzano un capolavoro. Piccolo inciso: sono appassionato di pittura e scultura, diciamo che nel mio piccolo qualcosa ci capisco. Ora, Michelangelo (tra le altre cosucce) ha scolpito il David, il Mosè e la Pietà. Fatemi sapere chi è il pazzo che può stabilire quale è il masterpiece.
Nel caso nostro, se possibile, l’affare si complica. Sorvoliamo sulla miriade di gemme disseminate qua e là nei vari album, cerco di stringere il più possibile. C’è chi ravvisa in The piper at the gates of dawn l’apice del movimento psichedelico (magari ex-equo col Sergeant pepper’s lonely heart club band degli Scarafaggi, coinquilini negli studi di registrazione in Abbey Road). C’è chi reputa la parte live del doppio Ummagumma il miglior album dal vivo mai dato alle stampe, anche in virtù dell’epoca di registrazione (un “preistorico” 1969). Alcuni considerano la suite eponima Atom heart mother la loro summa. Ma veniamo alla Triade.
The dark side of the moon, Wish you were here, The wall. Non mi fate il marchiano errore di considerare l’album di mezzo inferiore agli altri due. Non parlo di quello che tutti, ma proprio tutti, sanno. Vorrei spostare la vostra attenzione sul testo di Welcome to the machine e su Have a cigar, pezzo caratterizzato da uno dei più trascinanti attacchi di chitarra della storia del rock. Ne esiste una versione live (in Ivor Wynne, bootleg con purtroppo una resa appena accettabile) in cui Gilmour si può definire solo come una forza della natura. Foo Fighters, non è che per la vostra cover ci avete prima dato un ascolto? Comunque sia, aspetto pareri.
Prima di dire finalmente la mia (l’avevo detto che sarei stato prolisso, ma siccome dopo sparirò…) faccio i miei complimenti a Blackswan per l’apprezzamento nei riguardi di Animals. Proprio nel momento in cui il Punk tirava spallate per abbattere quei gruppi definiti “dinosauri del Rock”, i miei eroi uscivano con un album che, per cupezza di sonorità e testi, ha ispirato a qualche sconsiderato la definizione “Punk Floyd”. Un’onta da lavare col sangue. Io adoro il Punk, che sia chiaro, ma qui rasentiamo la blasfemia. Passiamo oltre.
A mio fratello non devo dire nulla. Naturalmente, conoscevo già i suoi gusti in merito. Sebbene per sua stessa ammissione non sia ferratissimo in materia, se l’è cavata egregiamente. Discorso a parte per ricordi ed emozioni. Cosa dire di uno che, all’attacco della seconda parte di Shine on you crazy diamond, quando tutti intorno erano ammutoliti perché non conoscevano le parole ed era rimasto solo “un tizio” a cantare a squarciagola (…!), gli affibbiò una pacca esagerata urlando “Ah! Tu la sai!!!!” ? O che, mentre sempre lo stesso tizio, famoso per non aver versato una lacrima in ben altri frangenti, non riusciva a trattenersi durante l’assolo di Comfortably numb, gli strinse una spalla dicendo “oh!??”, ricevendo come risposta “tutto a posto!!!”? Mick, mi sarei reso conto dopo (mai affrontato quest’argomento), non era lì, come me, per vedere i Pink Floyd. Era lì per vedere i Pink Floyd e me. Noi siamo cresciuti in simbiosi, praticamente come due gemelli (11 mesi di differenza d’età non sono nulla) e lui godeva della mia estasi. Il resto, voi capirete, è una faccenda solo nostra.
Ma ora finiamola. The final cut è stilisticamente perfetto, anche se l’ottimo Michael Kamen non avrebbe mai potuto sostituire in toto le tastiere di Wright, i suoi sognanti assolo modali suonati con una mano sola, ballando a volte su due (DUE…) sole note. Questo per mio fratello.
Animals è un lavoro ragguardevole, per molti gruppi in giro allora e/o adesso già raggiungere quei livelli sarebbe una grazia mandata dal cielo. Inattaccabile a distanza di quasi trentacinque anni.
Questo per Blackswan. Ah, piccola perla che magari già conosci: tornando a Wright, cerca due note in Ummagumma e poi ritrovale a morire in Animals, dopo una carriera quasi decennale…
The dark side of the moon, oltre a fare da spartiacque (il mondo prima e dopo…) è sicuramente il miglior album “corale” della band, nonché uno dei picchi della creatività umana. Un lavoro che dopo la bellezza di trentotto anni suona ancora moderno, fresco, innovativo. E inarrivabile. Ecco, solo in questo reputo Wish you were Here appena inferiore, nel sound che oggi arriva leggerissimamente datato. The wall, fatevene una ragione, non può essere né paragonato, né catalogato. Come si fa?
Partiamo dall’inizio. Gli altri album, prima della registrazione, hanno avuto tutti un rodaggio live. “Il muro” è stato tirato su indoor, mattone per mattone. Concepito e costruito, fin dall’inizio, per essere un concept musicale, uno spettacolo dal vivo e un film. Complessivamente, tre anni abbondanti di lavoro. Un’opera titanica. Bene dice mio fratello quando lo definisce “monumentale”. Nessun altro ha mai tentato niente del genere. E, divento presuntuoso al posto loro, nessun altro ce la potrebbe fare. Chiudo informando chi non lo sapesse di quanto segue: qualche anno fa The dark side of the moon e The wall sono stati elevati al rango di musica classica, accanto alla nona di Beethoven, o al Requiem di Mozart. Fanno ormai parte della Storia dell’uomo, quella con la “esse” maiuscola. Patrimonio dell’umanità. Non ho altro da aggiungere, a parte augurarvi di cuore un buon ascolto, qualunque tipo di musica vi piaccia ascoltare.

6 commenti:

Blackswan ha detto...

Amici,rientro ora da una giornata infernale,nella quale ho transitato a casa non più di quaranta minuti,ma son corso subito qui perchè immaginavo di trovare qualcosa.Letto tutto d'un fiato il post di Luis,che non è affatto prolisso,ma trascinante.Come un assolo di chitarra.Come quando vengono fuori tutte le note in un incastro perfetto e ti domandi:perche mai dovrei smettere? Ti ho letto volentieri,con gusto,perchè si imparano le cose migliori ( e io stasera mi porto a casa tre o quattro chicche che non conoscevo )non tanto da chi la musica la giudica,ma da chi la ama.Mi è piaciuto leggere di Animals e di Ummagumma,e soprattutto di quel misticismo che accompagna l'esperienza di un concerto ( perchè quando una canzone la sai tutta,hai ripetuto l'arte,dandole nuova vita ).Concludo,cercando di giustificare l'utilizzo della parola "feticismo ", che è vero,possiede un'accezione negativa,ma per me spiega molto bene ciò che anticipa l'estasi,e cioè una pulsione quasi sessuale.Forse non riesco a spiegarmi,ma io vivo la musica anche come attrazione fisica che,in certi istanti,non si porta via solo il mio cuore,ma letteralmente anche la mia consistenza corporea.Grazie per il tuo post e spero davvero in futuro di rincontrarti nuovamente su questa bella pagina del tuo fratellino,che oltretutto ha il merito di essere nerazzurro come me :)
Notte
Nick

Domenico ha detto...

Se proprio devo dirla tutta, anch'io nel mio post da qualche parte avevo utilizzato il termine "feticismo", credo riguardo ai dischi suonati soltanto una volta. Ma poi l'ho tolto per evitare l'incidente diplomatico!

Pietro Montesarchio ha detto...

Ciao,
anche io, nonostante la mia giovane età (ho 14 anni), sono un grande e appassionato fan dei Pink Floyd, ovviamente però mai come te. Posseggo tutta la discografia in compact (comprata in circa un anno per il valore di 250€ ovviamente spesi in diverse occasioni), il 33 giri di The dark side of the moon e i dvd di The Wall (film), Live at Pompeii e Live in Toronto. La mia camera ormai è pinkfloydiana: giusto sopra il pianoforte è incorniciato il famoso poster di storm thorgerson, circondato da molti altri poster e dal graffito di DSOTM. Posseggo anche la discografia completa di Richard Wright e sto scrivendo un libro su The Wall, forse l'album dei Pink Floyd che amo di più e che di più ho studiato (considerando anche un massacrante viaggio da Napoli a Milano per assistere alla magia del "The Wall live" di Roger Waters). Ma, a fronte di tutto ciò, non credo mi potrò mai definire un fan "puro" dei Pink Floyd solo per un motivo: io non ci sono passato per quel periodo. Anche con tutti gli studi approfonditi che posso fare non capirò mai cos'è l'emozione di aspettare l'uscita di un album della propria band preferita, non potrò mai provare tutte quelle emozioni che hai provato tu. Posso solo subire il tutto passivamente. I Pink Floyd sono, insieme a poche altre, l'unica mia ragione di vita; purtroppo non posso condividere questa mia passione con tutti i miei coetanei, che oggi fanno il gravissimo errore di farsi trascinare dalla massa ad ascoltare musica che viene prodotta solo per soldi e non per passione, come si faceva un tempo. Adesso ti parlo sia come adulatore dei Pink Floyd che come musicista e cantautore (sono il tastierista di un gruppo progressive rock): credo che i Pink Floyd non ci mettessero solo la passione in quello che scrivevano, ma anche tutto il loro cuore, tutte le loro emozioni, emozioni che sono riusciti a trasmettere a migliaia e migliaia di giovani in tutto il mondo e che, secondo me, non finiranno mai.

Scusa se sono stato troppo lungo in certe cose ma mi sembrava giusto farlo,

Pietro

Blackswan ha detto...

Pietro, se fossi lì, ti bacerei ! Hai 14 anni ? Tu sei un genio,ragazzo !Il tuo commento ( immagino che ti sembri assurdo ) mi ha aperto il cuore alla speranza.Col cavolo che alla tua età sarei mai riuscito a mettere insieme tante belle idee in una volta sola.Tu hai emendato in un colpo solo la preponderante vacuità della tua generazione.Non mollare mai le tue passioni.E' un consiglio e una preghiera.Fidati:ti stai regalando una vita piena di emozioni.Ciao :)

Pietro Montesarchio ha detto...

Grazie mille, ho soltanto detto la nuda e cruda verità che, purtroppo, oggi incombe su di noi. Come ho descritto nel mio libro che devo ancora finire su The Wall nel capitolo riguardante Goodbye blue sky, oggi le bombe che incombono su di noi non sono più quelle della guerra che, almeno nel mondo occidentale, è ormai una realtà estinta, bensì le bombe di tutti i problemi che caratterizzano la società odierna, tra i quali c'è quello di (come ho definito io) "farsi influenzare dalla massa e non ragionare con la propria testa per paura di essere esclusi dalla società". Io credo di aver scansato questa bomba completamente, grazie a tutte le persone intorno a me che mi hanno insegnato a vivere nel migliore dei modi, cioè, come ho già detto, a ragionare con la testa mia e non con quella degli altri.

Grazie mille per il tuo sostegno,
Pietro

jacopo ha detto...

Complimenti, ma siccome tutto è opinabile vorrei dire la mia. Non credo che Wish You Where Here suoni datato. Il 13-9-94 ero al Delle Alpi, poi ho assistito a un concerto di Waters e a un altro di Gilmour insieme con Wright durante la tourne di on an island. Secondo il mio modestissimo parere Wish You Where Here non suona datatato, ma è l'album più tipico della band perché sintetizza tutte le caratteristiche della band in soli tre quarti d'ora. Ha un unico difetto, se così si può chiamare, ed è proprio nella perfezione di Have a Cigar (cantata da Roy Harper), troppo difficile per le voci dei "nostri". Se non lo avete già fatto vi consiglio l'ascolto degli experience edition usciti da poco. Anche se sono sovraincisi in alcuni punti, aiutano a comprendere molto di più sui Pink Floyd. jacopo