lunedì 28 maggio 2012

Il rap dell’Elefantino

Al trash, ahinoi, siamo purtroppo assuefatti. Se ne vede così tanto che ormai ci abbiamo fatto il callo. Eppure, quando uno pensa di avere toccato il fondo, arriva in soccorso (si fa per dire) la realtà, che al solito sovrasta la più fervida fantasia. Il video che riprende Giuliano Ferrara con occhiali scuri e cuffie alle orecchie, goffissimo mentre tenta di eseguire il rap dell’anno (“Tienimi da conto Monti”) merita la piazza d’onore in questa speciale classifica. Per il gradino più alto non c’è partita, è saldamente in mano ai produttori televisivi di quei programmi americani con protagoniste bambine di tre-quattro anni che si atteggiano a femmes fatales. Premio da dividere ex-aequo con i genitori delle piccole, of course.
Tenuto sulle ginocchia da Palmiro Togliatti (il padre, Maurizio Ferrara, è stato per lunghi anni stretto collaboratore del “Migliore”, direttore dell’Unità e senatore comunista), una vita fa comunista egli stesso, poi socialista di stretta osservanza craxiana, collaboratore della CIA e infine influente consigliere di Berlusconi, il curriculum di Ferrara (già “Bretelle Rosse” per il Corriere della Sera, ora “Elefantino” per il Foglio) meriterebbe di essere donato alla scienza. I più attenti lo ricorderanno mentre scappa, giovanissimo e corpulento, nelle immagini in bianco e nero degli scontri di Valle Giulia tra la polizia e gli studenti che tentavano di rioccupare la facoltà di Architettura. Il conduttore di Radio Londra non è il solo ad avere avuto un percorso politico e professionale iniziato a sinistra e concluso alla corte del Cavaliere. Sugli ex di Lotta Continua nelle redazioni Mediaset si potrebbero scrivere tomi. Su tutti, Paolo Liguori, ai tempi della militanza “Straccio”, passato dal documentario sessantottino in cui agitava una bottiglia molotov, al video del febbraio 2011, nel quale brandisce come arma della rivoluzione un paio di boxer, l’emblema della manifestazione organizzata dal direttore del Foglio in favore del governo Berlusconi (slogan: “siamo in mutande, ma vivi”).
Il talento canoro di Ferrara è quello che è, ma il testo è ancora peggio. Un peana iniziale per l’ex premier (“Ti prego, ti prego, ti prego Cavaliere/ ti voglio bene/ Sei stato grande/ Sei stato tanto/ Sei stato troppo”), l’invito a “tenere da conto” Monti e una serie di nomi (e rime) buttati un po’ a casaccio. “L’immaginazione al potere” del Maggio francese, marcusiana parola d’ordine transitata dal Quartiere Latino alle Università italiane, come attenuante non può reggere. Chi avrebbe mai potuto “immaginare”, infatti, che sarebbe finita così?


 

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