lunedì 5 novembre 2012

Grillo e il Titanic Italia

Alla fine la riforma elettorale non si farà. Nella migliore delle ipotesi, la montagna partorirà il solito topolino. Le posizioni da conciliare sono sostanzialmente due. Quella di Berlusconi convertitosi al proporzionale puro, che prevede l’abolizione del premio di maggioranza del “Porcellum” e il mantenimento delle liste bloccate; quella di Bersani, che invece il premio di maggioranza vorrebbe salvarlo.
Storicamente, le mediazioni migliori (o peggiori, a seconda dei punti di vista) sono quelle democristiane. Un copyright eterno, tramandato dalla Dc a tutte le cellule di Balena bianca ancora presenti nel corpo della politica italiana. Pare che l’Udc stia per farsi avanti con l’uovo di Colombo, un premio di maggioranza da assegnare alla coalizione che superi il 40%. Un modo per perpetuare l’attuale situazione di sostanziale frammentazione, l’ideale per un Monti bis o chi per lui. In ogni caso, di preferenze non parla più nessuno.
Ciò significa anche che la proposta depositata in Parlamento dal Pd passa direttamente nel cassonetto della differenziata (carta): 70% dei seggi assegnati sulla base di collegi uninominali a doppio turno e 28% con metodo proporzionale su base regionale o pluriprovinciale, più un 2% (corrispondente a 12 seggi) riservato al cosiddetto “diritto di tribuna”. In quello dell’umido, le speranze di chi aveva creduto che i politici avrebbero finalmente avuto un sussulto di dignità e avrebbero restituito al popolo il diritto a scegliersi propri rappresentanti. Invece, non sono stati capaci di licenziare uno straccio di riforma elettorale, nonostante non si sia quasi parlato d’altro per l’intera legislatura.
La paura presa dopo le elezioni in Sicilia aumenterà l’istinto di autoconservazione di una classe politica inadeguata e inetta, che impegnerà le proprie energie per scovare l’espediente capace di sbarrare la strada a Beppe Grillo. Con percentuali di astensione record (Sicilia docet), il Movimento Cinque Stelle ha buone probabilità di fare saltare il banco.
Diffido dei populisti. Non voterei mai un politico che attraversa lo stretto di Messina a nuoto perché mi ricorda quello che lotta con le tigri o l’altro che traccia, alla guida del trattore, il solco che poi la spada dovrà difendere. Oltretutto, un comico a Palazzo Chigi l’abbiamo già avuto e, alla fine, raccontava sempre le stesse barzellette. Ma lor signori farebbero bene a porsi qualche domanda e a considerare che la demonizzazione rischia di essere il migliore alleato di Grillo. Perché chi demonizza non ha alcuna credibilità. Perché potrebbe sì trattarsi di un salto nel buio, ma in tanti pensano che la priorità sia saltare fuori dalla melma della Seconda Repubblica e poi quel che sarà, sarà. Il Titanic affonda, l’orchestra continua a suonare lo stesso spartito e sul ponte è il consueto spettacolo di ladri, privilegiati, nani e ballerine. Grillo ce lo meritiamo.

3 commenti:

Unknown ha detto...

Credo tu abbia pienamente ragione Domenico: e condivido in tutto e in toto il tuo ragionamento. E comunque, visto che oltreché incapace ed ignave l'attuale "classe" politica é anche arrogante e cafona in maniera non più accettabile, per l'italiano oggi é diventata QUESTIONE NAZIONALE E PRIORITARIA MANDARLI VIA TUTTI E SENZA ECCEZIONE ALCUNA PER NESSUNO: nemmeno chi fosse anche arrivato una settimana fa. Il sistema, questo in particolare, và azzerato e con esso và completamente licenziata l'intera casta a partire da destra,centro e sinistra; e senza dimenticare questa attuale burocrazia che và licenziata in tronco fino all'ultimo usciere, bidello e fattorini. TUTTI........TUTTI QUANTI!!!

Nella Crosiglia ha detto...

Ehhhh si , un comico in questo panorama, non fa mai male!

Carmela ha detto...

Nonostante nemmeno io approvi Grillo, sono fortemente vicina a chi lo ha votato e forse lo farei pure io, non ne possiamo più delle caste!
Oggi ho completato la spiegazione in classe di Machiavelli e Guicciardini, e ho avuto modo di far la differenza tra il politico e l'amministratore, tra la progettualità, e la componente utopica che dovrebbe contraddistinguere il politico, e il limite del "particulare" che è invece proprio dell'amministratore. Il problema è che oggi in Italia non solo non esiste il "politico", ma non c'è nemmeno ombra di un buon amministratore, a meno che in quel "particulare" non ci mettiamo il "proprio particolare interesse".
Sono forse un po' troppo pessimista, ma ormai non sappiamo a chi o in che cosa credere!