martedì 1 ottobre 2013

Finale di partita

Quando, mille anni fa, Gianfranco Fini (chi era costui?) pronunciò il memorabile “siamo alle comiche finali”, lo fece da inguaribile ottimista. E per la sua vicenda personale, marchiata dalla condanna all’irrilevanza politica che si abbatte su chiunque nel centrodestra entra in rotta di collisione con Berlusconi; e per la situazione politica generale, slittata pericolosamente in uno scenario da tragedia greca.
Non per i morsi della crisi economica, ogni giorno più forti, come attesta il drammatico dato della disoccupazione giovanile, che ad agosto per la prima volta ha sfondato il muro del 40%. La tragedia cui si fa riferimento è quella di un uomo asserragliato nel bunker di Arcore, ostaggio dei falchi del partito, costretto nel vicolo cieco della logica del “tanto peggio, tanto meglio”, o del “muoia Sansone con tutti i filistei”. Attorno, soltanto nemici: l’ultimo, in ordine di tempo, il presidente della Repubblica, al quale non più tardi di cinque mesi fa il centrodestra chiese in ginocchio di restare al Quirinale per un secondo mandato. O traditori, secondo l’antico schema applicato a Casini, Follini e Fini. Un vestito che oggi a fatica e soltanto ricorrendo a una buona dose di fantasia si riesce a fare indossare a un Cicchitto o ad un Alfano.
Ma tant’è: risultato scontato se a passare è la linea dura di Verdini, Bondi, Santanchè e Ghedini, sposata e imposta senza alcun dibattito a un esercito di nominati. E fa sorridere l’uscita di Cicchitto sulla mancanza di democrazia interna in Forza Italia (“Berlusconi avrebbe bisogno di un partito democratico nella sua vita interna”), come se in vent’anni, da quelle parti, vi sia mai stata collegialità nelle decisioni e non, piuttosto, un pedissequo allineamento ai desiderata del capo. Un gioco al massacro, quindi, per spingere il Paese nel gorgo e che non inciderà per niente sull’epilogo – ormai segnato – della vicenda giudiziaria di Berlusconi. Chi può mai credere alla favoletta del governo caduto sui provvedimenti economici, nonostante il refrain intonato dalle televisioni e dai giornali di Berlusconi? Al solito, sono i guai con la giustizia il vero problema. La questione della decadenza da parlamentare, non appena diventerà esecutiva la sentenza che ridefinirà i termini dell’interdizione dai pubblici uffici. E che Berlusconi vorrebbe scongiurare facendo saltare il banco per portare gli italiani ad elezioni entro la fine di novembre. Con tempi talmente stretti da fare indovinare una strada difficilmente percorribile.
Ma a destare ulteriore preoccupazione sono le nubi minacciose in arrivo dagli altri fronti giudiziari, con condanne e richieste di arresto che Ghedini dà per scontate e che sarebbero all’origine della disperata e istintiva reazione dell’ex premier.
Indro Montanelli, che lo conosceva bene, predisse che l’Italia di Berlusconi sarebbe finita “male, malissimo: nella vergogna e nella corruzione”, aggiungendo che, a quel punto, sarebbe stato “inutile avere ragione”. La sensazione è che andrà a finire proprio così.

2 commenti:

Blackswan ha detto...

Avesse fatto finta di fare lo statista, un regalino lo riceveva. Invece, si è dato la zappa sui piedi da solo, seguendo i consigli di gente che di cervello ne ha molto meno di lui (vedi Santanchè). Insomma,un suicidio politico a tutto tondo.

Domenico ha detto...

In effetti, passare dai consigli dei "professori" a quelli del duo Sallusti-Santanchè non è stata una buona idea...