martedì 26 settembre 2017

La tua vita, il mio dono

«Questo libro è il mio inno all’amore». Una lezione sul trionfo della vita: passato, presente e futuro sublimati nel sorriso di una mamma che non avrebbe potuto amare di più quel bambino “con un cromosoma pazzo e un sorriso che scioglieva il cuore”, se avesse “corso, saltato, cantato” come qualsiasi altro suo coetaneo. Una mamma alla quale non è mai pesato non ascoltare la parola “mamma” pronunciata dal figlio: «i tuoi occhi ed il tuo costante sorriso mi riempivano il cuore come nessuna parola al mondo avrebbe potuto fare. Sono fiera e orgogliosa, non finirò mai di ripeterlo, sono fiera e orgogliosa di essere stata la tua mamma; la tua vita, il dono della tua vita, il regalo più grande che Dio, Gesù e la Madonna abbiano potuto fare al tuo papà e a me».
Un inno all’amore che sconfigge anche la morte, che spinge un paese intero ad assistere alla prima uscita ufficiale del libro nella sala conferenze dell’Hotel “Il Gattopardo” di Brolo, diventata troppo piccola per contenere la gente che tracima nel corridoio e poi ancora giù nelle scale. Commozione e gioia sui volti degli amici di Ignazio Raffaele e Mimma Giuliano, su quelli dei compagni di scuola di Ninuccio. Una comunità che “festeggia la vita”, per parafrasare il titolo di un capitolo del libro scritto a quattro mani da Mimma Giuliano e Azzurra Ridolfo (“l’amica che abbiamo avuto sempre accanto”): La tua vita, il mio dono. Mimma racconta Nino (Armenio Editore, 2017).
Sì, per festeggiare la vita. Questo mistero insondabile che ci sforziamo di comprendere, di etichettare con categorie inadeguate. Quando invece occorrerebbe lasciarsi inebriare dai suoi infiniti odori, spalancare gli occhi e farsi accecare dai suoi colori più forti, gustarla in tutta la sua pienezza. Sempre. Vita e morte, morte e vita: Yin e Yang che si tengono insieme facendosi beffe delle difficoltà dell’uomo incredulo di fronte all’arcano.
Il libro ripercorre, anche per immagini, la breve ma intensa parabola terrena di Ninuccio, sedici anni di presenza centrale nella vita della sua comunità. La grandezza di questa storia sta nel suo essere esperienza condivisa; sta in una quotidianità che non è soltanto quella intima del rapporto tra genitori e figlio disabile, ma si snoda su più livelli. La famiglia, certo. Non tutti i bambini disabili hanno la fortuna di possedere due genitori come Mimma e Ignazio: «Avevamo capito quanto rara fosse la tua malattia e, di conseguenza, quanto speciale fossi tu. Eravamo stati scelti per crescerti, era la nostra missione, dovevamo esserne fieri. E lo siamo stati». Parole che rafforzano il monito di Giuseppe Pontiggia nel suo Nati due volte, al quale si ispirò Gianni Amelio per girare Le chiavi di casa: «Questi bambini nascono due volte. Devono imparare a muoversi in un mondo che la prima nascita ha reso difficile. La seconda dipende da voi, da quello che saprete dare. Sono nati due volte e il percorso sarà più tormentato. Ma alla fine anche per voi sarà una rinascita».
Il livello chiassoso e colorato della scuola, “anni “stupendi” che fanno sentire Ninuccio parte integrante di una comunità che cresce insieme a lui, perché la sua vita – e questo è il terzo livello – diventa romanzo di formazione per tutti, gioco di squadra che abbatte steccati mentali e barriere architettoniche e che trova nell’associazione di volontariato La Rosa Blu uno strumento di lotta efficace: «La solidarietà vera non è fatta di sterili parole, sguardi compassionevoli e pacche sulla spalla per dar forza e coraggio. La solidarietà vera consiste nell’aiutare e nell’interagire con la disabilità, nel nostro caso con bambini speciali che gioivano della compagnia, dell’aiuto, della presenza, del sorriso dei loro coetanei più fortunati».
L’immagine di Mimma che spinge la carrozzina di Ninuccio ed è sempre accompagnata da ragazzi, amici o parenti spiega con forza la dimensione empatica di una storia dal carattere universale. Una lezione di umanità e di dignità che invita a guardare il mondo con fiducia e con speranza anche quando il dolore prevale, anche quando la morte chiama a sé una persona amata: e che indica nell’amore per gli altri e per la vita il senso della propria stessa esistenza.

1 commento:

Pippomaier ha detto...

🔝🔝🔝🔝🔝🔝🔝🔝😋😋😋😋