lunedì 6 marzo 2017

Don Pepè Chirico, il medico che aveva una parola di conforto per tutti



«Eccolo, è arrivato don Pepè». Poche parole che riuscivano a infondere speranza, non appena il medico condotto Giuseppe Chirico metteva piede dentro la casa di un ammalato a Sant’Eufemia. Lo ricorda il professore Giuseppe Calarco nella testimonianza rilasciata per un documentario biografico realizzato dalla Pro Loco nel 2001: «Aveva sempre una parola di conforto e la sua presenza al capezzale dell’ammalato trasmetteva serenità, tanto incideva la sua personalità. Don Pepè non era “un” medico, ma “il” medico: sempre pronto ad ascoltare, consigliare, infondere fiducia. Eravamo soliti fare la passeggiata serale. Ricordo che capitava che venisse chiamato per soccorrere qualcuno: senza scomporsi, salutava e col sorriso di sempre si allontanava per fare, come diceva lui, il suo dovere. Questo era il dottore Chirico».
La stima dei suoi concittadini è totale: a lui vengono confidate anche le preoccupazioni di chi, nel secondo dopoguerra, spesso fatica a guadagnare un pranzo dignitoso. Braccianti agricoli, pastori, gente in cerca di una jornata, piccoli artigiani che vivono dell’essenziale: un’umanità a volte dolente, piegata dagli stenti e dalla fatica del duro lavoro, dalle cattive condizioni igieniche delle proprie misere abitazioni, dal dolore causato in quasi tutte le famiglie dall’elevatissimo indice di mortalità infantile. Don Pepè ascolta, consola, consiglia. Una lezione di vita appresa nel negozio di cereali all’ingrosso che i genitori – Gaetano e Maria Domenica Barilà – gestivano nel rione Paese Vecchio, dove Giuseppe Chirico nasce il 16 ottobre 1915, primo di cinque fratelli (quattro maschi e una femmina).
Conclusi gli studi ginnasiali a Palmi e conseguito il diploma di maturità classica presso l’Istituto “Tommaso Campanella” di Reggio Calabria, si iscrive alla Regia Università di Messina e si laurea in Medicina nel giugno del 1940. È destinato a raccogliere il testimone dello zio Stefano, medico condotto del paese sin dalla fine dell’Ottocento, ma con l’entrata in guerra dell’Italia viene inviato in Croazia, dove trascorre gli anni del conflitto prima come tenente, successivamente come capitano medico. Un’esperienza forte e dolorosa, che ne segna il carattere.
Alla fine della guerra rientra a Sant’Eufemia e finalmente può incominciare a dedicarsi alla cura dei propri concittadini. Lo fa a qualsiasi ora del giorno e della notte, con un senso di umanità fuori dal comune. Per quarant’anni la sua è una missione al servizio di tutti: non c’è porta che non sia stata varcata dalla sua esile figura, nella destra l’inseparabile borsa in pelle. Professionista serio e preparato, uomo onesto e dalla profonda rettitudine morale, per il dottore Chirico l’affetto e il rispetto degli eufemiesi assumono le caratteristiche della devozione.
Proprio per questo l’intera comunità rimane sconvolta quando, il 21 febbraio 1976, don Pepè viene rapito mentre sta rientrando dalla visita a un suo paziente. Sant’Eufemia vive settantasette lunghissimi giorni di angoscia, stretta attorno alla moglie ed ai tre figli del “suo” medico. Ma la rabbia e la preoccupazione della popolazione si sciolgono infine in un’esplosione di gioia collettiva, alla notizia del rilascio. Un fiume di persone si riversa nelle strade e accorre commossa sotto la sua abitazione, fino a quando Chirico non si affaccia dal balcone per ricambiare il calore di una folla immensa e per assicurare a tutti che “la nottata è passata”: «È stato un brutto sogno», dichiara al giornalista che ne raccoglie la prima dichiarazione.
La sua missione al servizio del paese riprende con maggiore slancio. Una missione che prosegue anche dopo il pensionamento, per i tanti concittadini che chiedono ugualmente di essere visitati da don Pepè. Dal 3 maggio 1995 – data della sua morte – sono trascorsi oltre vent’anni, ma tra la gente che lo ha così tanto amato è ancora vivo il ricordo dell’uomo e del medico Giuseppe Chirico, uno dei figli migliori di Sant’Eufemia.

2 commenti:

Anonimo ha detto...

Questi personaggi ,vanno sempre ricordati. Chi ne ha la possibilità ,con qualsiasi mezzo, non si deve mai stancare di raccontare l'azione di questi uomini straordinari, che in silenzio e senza chiedere nulla in cambio ,sono stati dei grandi benefattori per le nostre comunità , dove specialmente in quegli anni difficili , hanno portato la speranza e nel caso di don pepe' anche la salute e momenti di tranquillità. sono ricordi che richiamano anche valori nobili , come l'altruismo, il senso del dovere ,l'abnegazione nello svolgere la propria missione e specialmente la grande umanità sempre presente. non ho conosciuto il dottore, ma la inopinabile testimonianza del mitico prof. Calarco, mio professore di chimica per 5 anni, da la giusta collocazione al personaggio nell'olimpo dei grandi benefattori del paese e non solo

Domenico ha detto...

Sono perfettamente d'accordo... nel mio piccolo è quello che cerco di fare con questo blog: indicare soprattutto ai giovani gli esempi delle grandi personalità che ha avuto Sant'Eufemia