martedì 31 dicembre 2013

Le parole che non ho detto


Avrei voluto dire che è grande quella comunità che riesce ad essere solidale e generosa, che si stringe con affetto attorno a chi ha bisogno. Esprimere profonda gratitudine agli oltre duecento partecipanti alla piccola grande iniziativa dell’Agape, la tombolata di solidarietà per raccogliere fondi da utilizzare per consentire a una famiglia di Sant’Eufemia di accompagnare periodicamente al “Gaslini” di Genova un bimbo affetto da disabilità.
Avrei voluto dire che il sogno delle associazioni di volontariato è quello di scomparire, perché ciò significherebbe che lo Stato riesce a soddisfare i bisogni di tutti. Ma purtroppo non è così: ecco perché occorre incoraggiare e sostenere chi fa volontariato. Sono povere, molto povere, quelle società che non possono contare su questo straordinario patrimonio di umanità.
Avrei voluto dire, soprattutto ai giovani, di avvicinarsi a queste realtà, perché ne trarrebbero certamente un arricchimento e la convinzione di dare un senso profondo alle proprie vite.
Avrei voluto dire che, a volerlo, il tempo per fare del bene lo si può sempre trovare. Perché nessuno ha mai preteso un impegno totalizzante, che tra l’altro contrasterebbe con le ragioni stesse del volontariato. Per restare all’Agape, è sufficiente dare un contributo anche una volta all’anno, per una qualsiasi delle iniziative che l’associazione svolge. Può sembrare poco, ma è soltanto sommando i tanti “poco” che si ottiene il “molto”.
Avrei voluto dire che sulla disabilità c’è ancora molto da lavorare e che nessuno dovrebbe tirarsi indietro. Negli ultimi anni si comincia ad avvertire un approccio diverso, in positivo. Ma non dimentico la prima volta che Peppe Napoli mi portò in una abitazione e vi trovai un ragazzo seduto su una sedia, in un angolo buio.
Avrei voluto dire che a queste famiglie bisogna stare vicino, con gesti concreti e quotidiani: si tratti di lasciare libero il parcheggio riservato ai disabili o di costruire scivoli e pedane d’ingresso ovunque, affinché nessun posto sia inaccessibile per chi si muove su di una sedia a rotelle.
Avrei voluto dire che sogno un mondo senza barriere architettoniche. Un mondo in cui tutti riescano a rivolgersi a un soggetto diversamente abile senza assumere un tono pietoso. Un mondo in cui tutti abbiano pari dignità non perché lo impone la Costituzione, ma perché così è. Un mondo in cui a tutti sia consentito di correre per realizzare le proprie aspirazioni, anche quando le gambe non vanno.
Avrei voluto dire tutto questo, ma so che un conto è scrivere, altra cosa è parlare con la tempesta dentro.
E quindi ho preferito affidarmi alle parole di Giuseppe Pontiggia, tratte dall’autobiografico Nati due volte (2000), al quale nel 2004 Gianni Amelio si ispirò per girare il commovente Le chiavi di casa:

Voi dovete vivere giorno per giorno, non dovete pensare ossessivamente al futuro. Sarà un’esperienza durissima, eppure non la deprecherete. Ne uscirete migliorati. Questi bambini nascono due volte. Devono imparare a muoversi in un mondo che la prima nascita ha reso difficile. La seconda dipende da voi, da quello che saprete dare. Sono nati due volte e il percorso sarà più tormentato. Ma alla fine anche per voi sarà una rinascita.

domenica 29 dicembre 2013

Libertà è... offrire un caffè!

In principio fu Giovanni Giolitti: “un mezzo toscano e una croce da cavaliere non si negano a nessuno”. Poi qualcuno aggiunse la stretta di mano, che il fascismo scoprì poco virile e antigienica; infine, toccò al caffè. In un celebre spot degli anni Ottanta, Pino Caruso rischiò di pagare caro un suo vezzo (“al signor Caruso, cuannu si l’arrimina, ci piaci sentiri u scrusciu d’a tazzina”): “mi sono rovinato, ora ci vuole il caffè per tutto il vicinato!”.
Niente a che fare, comunque, con le conseguenze nefaste che la passione per la miscela arabica procurò a Gaspare Pisciotta, il braccio destro di Salvatore Giuliano ucciso da un caffè dell’Ucciardone corretto con la stricnina, e al banchiere Michele Sindona, al quale nel carcere di Voghera fu servito un “lungo” al cianuro.
Ed è proprio per scongiurare rovesci economici che in alcuni bar ai clienti, da diversi anni, è vietato offrire. Si legge proprio così sugli avvisi esposti: “vietato”. Ma può esistere niente di più arrogante e offensivo? Perché levare anche il piacere di offrire a un amico un caffè o una bibita qualsiasi? Ogni volta che si invade il terreno della discrezionalità altrui, imponendo o vietando un comportamento, si compie una violazione della libertà. E violare la libertà, anche quella di offrire un caffè, è cosa molto grave.
Conosco l’obiezione: si tratta di un provvedimento necessario per contrastare gli scrocconi seriali. Quelli sempre in agguato nelle vicinanze del bar, pronti a lanciarsi dentro appena vi fa ingresso la vittima di turno. Quelli che ci rimettono due euro di benzina e un set di gomme dell’auto nell’attesa del momento propizio. Quelli che si spingono addirittura nella sala gioco, sperando che qualcuno alzi lo sguardo dalla biglia del biliardo o da una mano di carte strepitosa: “hai preso il caffè?”.
L’introduzione del divieto ha quindi fondate ragioni. Economiche, perché entri per un caffè e alla fine scopri che ti è costato dieci euro, dato che in certi posti offrire è quasi un obbligo (anche molto ipocrita, certo; ma tant’è). Morali, perché ti evita di pagare per qualcuno anche quando l’unico tuo desiderio sarebbe che la bevanda si trasformasse in un potentissimo lassativo.
E qui si arriva al nocciolo della questione. A pensarci bene, il divieto ha la stessa ratio dell’obbligo di utilizzare la cintura di sicurezza, non perché può salvarci la vita, ma perché altrimenti ci becchiamo la multa. Di indossare il casco sulla moto; utilizzare paletta e sacchetto per raccogliere gli escrementi dei nostri amici a quattro zampe (ma dalle nostre parti ancora ce n’è strada da fare); non lasciare per ore il tubo dell’acqua aperto ad allagare i balconi delle case; compiere o non compiere azioni per le quali basterebbe regolarsi seguendo elementari norme di educazione o di buon senso, senza ricorrere alla minaccia della sanzione o dell’imposizione arbitraria. È, in fondo, la stessa filosofia del “ce lo chiede l’Europa”. Ché se certe cose le decidessero “i nostri” gliela faremmo vedere. Ma l’Europa è l’Europa. E quindi, forse, non ci resta che confidare in una moratoria di Bruxelles, per avere di nuovo il piacere di pronunciare: “trasiti cumpari, u cafè l’aviti pagatu”.

lunedì 23 dicembre 2013

Il 2013 nel resoconto dell'amministrazione comunale

 
Da qualche giorno è in distribuzione, a cura dell’amministrazione comunale di Sant’Eufemia, un opuscolo divulgativo in cui viene presentato alla cittadinanza il resoconto di un anno di attività. Clicca qui per aprire il collegamento con il sito istituzionale, leggere e scaricare il formato in pdf.

venerdì 20 dicembre 2013

Natale eufemiese 2013

 
Calendario delle manifestazioni:

22 dicembre: “A Natale puoi…” Canti, balli, crespellata e… l’arrivo di Babbo Natale!
A cura dell’Associazione “Terzo Millennio” – Piazza Municipio, ore 16.00

28 dicembre: “Pagine d’Avvento tra musiche e parole”
Concerto dell’Orchestra Giovanile di fiati “Paolo Ragone” di Laureana di Borrello – Lettura di poesie natalizie e di tradizione popolare
A cura dell’Amministrazione Comunale e della Residenza Sanitaria per Anziani “Mons. Prof. Antonino Messina” – Sala del Consiglio Comunale, ore 18.00

29 dicembre: “Una donna per le donne e per la vita”
Sala del Consiglio Comunale, ore 17.30

30 dicembre: “Tombolata di solidarietà”
Raccolta fondi per sostenere le spese mediche di una famiglia in difficoltà
A cura dell’Associazione di Volontariato Cristiano “Agape” – Ristorante “Le Macine”, ore 21.00

04 gennaio: “Cuntandu e Cantandu u Natali”
Concerto del Coro Polifonico Parrocchiale “Cosma Passalacqua”
Chiesa Parrocchiale di Sant’Eufemia V.M., ore 18.30

06 gennaio: “Befana in piazza” Musica, giochi, divertimento e… l’arrivo della Befana!
A cura dell’Amministrazione Comunale
Piazza Municipio, ore 16.30

Queste le manifestazioni di cui si ha notizia “ufficiale”. Però è molto probabile che vi sia anche altro.
Ad esempio, è certo che sabato 21 dicembre alle 9.30 i volontari dell’Agape effettueranno le visite domiciliari agli anziani per fare gli auguri e consegnare un ricordino, mentre nel pomeriggio (ore 16.00) si recheranno presso la Residenza Sanitaria per Anziani “Mons. Prof. Antonino Messina”.
Il blog è a disposizione di tutti per eventuali integrazioni.
   

giovedì 19 dicembre 2013

Il Sud è niente

“Se di una cosa non ne parli, non esiste”. Non sempre è così, ci sono assenze ingombranti e silenzi assordanti. D’altronde, per il Poeta “assenza” è “più acuta presenza”: lo sa bene Fabio Mollo, regista reggino all’esordio con Il Sud è niente, romanzo di formazione dell’introversa Grazia, interpretata dalla bravissima Miriam Karlkvist alla sua prima apparizione sul grande schermo.
L’assenza è quella di Pietro (Giorgio Musumeci), che nella versione familiare e ufficiale muore in Germania, dove si trasferisce per lavoro quando la sorella ha 12 anni. Grazia, che “incontra” il fratello sotto l’acqua del mare dello Stretto, si convince che Pietro è vivo. Di sicuro, sente che il padre – Cristiano, pescivendolo rassegnato cui presta il volto Vinicio Marchioni, noto al grande pubblico come “il freddo” della serie televisiva “Romanzo criminale” – non le ha raccontato la verità. “Con la verità ti puoi pulire il culo”, a Reggio Calabria. Perché la verità spesso non la puoi raccontare. Neanche se ti hanno ammazzato un figlio. Neanche se ti prendono la casa e ti costringono a chiudere l’attività commerciale, facendo ricorso ai noti ed efficaci metodi del sabotaggio sistematico. Neanche se ti “suggeriscono” di andare via, scappare lontano, al Nord.
Grazia attraversa la città in rabbiosa e ricercata solitudine, appena violata dal mormorio di dialoghi smozzicati, essenziali come il cast stesso del film: oltre a Grazia e Cristiano, Carmelo (Andrea Bellisario), figlio di giostrai che nell’incontro/scontro con Grazia offre una via d’uscita all’incomprensione; la nonna (Alessandra Costanzo), che racchiude nell’espressione hiatu meu l’essenza millenaria delle famiglie del Sud; Bianca (Valentina Lodovini), presenza per la verità quasi impalpabile, sulla quale forse si poteva osare di più.
Un silenzio carico di sguardi, pause, gesti, pronto a esplodere nella ribellione di Grazia, che indica la via stretta e accidentata del riscatto nello squarcio del velo di una incomunicabilità che è anche generazionale. Se speranza c’è (e il finale uno spiraglio esilissimo lo offre), ha volto di donna e urla capaci di spezzare le catene dell’omertà.
Scena più bella: il ballo sfrenato e liberatorio di Carmelo e Grazia nella pista dell’autoscontro.

martedì 17 dicembre 2013

Sud e legalità, il nervo scoperto della storia italiana

Aldo Varano ha “approfittato” della nomina di Pina Picierno nella segreteria del Pd, con delega alla legalità e al Mezzogiorno, per toccare uno dei nervi scoperti della storia d’Italia, forse il suo peccato originale: “Al Sud non manca solo la legalità” (L’Ora della Calabria, 15 febbraio). Come non essere d’accordo? Eppure, centocinquanta e passa anni dopo l’Unità si continua a trattare la questione meridionale come questione criminale, a lottare contro l’illusione che, sbattuto in galera il delinquente di turno, non ve ne siano altri dieci in agguato. Se così fosse, per risvegliarsi nel migliore dei mondi possibili, in Calabria basterebbe commissariare tutti i Comuni (e siamo sulla strada buona), quindi passare alle Province e infine concludere il lavoro di bonifica con la Regione.
È l’idea che animava la Destra storica e i prefetti dell’unificazione investiti della “missione” di guadagnare alla causa nazionale le lontane e recalcitranti regioni meridionali attraverso le questure, il controllo asfissiante sull’attività degli enti locali, lo scioglimento delle amministrazioni per motivi di ordine pubblico, la manipolazione delle elezioni. È l’ispirazione della legge sulla repressione del brigantaggio, la famigerata “legge Pica”, che ignorava la considerazione “sorprendente” contenuta nella relazione (3 maggio 1863) del deputato pugliese Giuseppe Massari, segretario della Commissione d’inchiesta parlamentare sul brigantaggio meridionale: “Il brigantaggio è stato considerato come questione di forza, e quindi per combatterlo non si è saputo far altro di meglio se non contrapporre forza a forza. Ma in cosiffatta questione la parte militare è accessoria, è secondaria”.
Da allora, poco sembra essere cambiato. Se si escludono i laureati sfornati, che scappano o non vedono l’ora di scappare (o restano, conficcando a forza nei cassetti pergamene e sogni), il gap con il Nord è sempre materiale e culturale. Mancano infrastrutture per spezzare l’isolamento fisico e favorire la liberazione in loco delle tante energie e progettualità autoctone; manca la determinazione necessaria per riuscire a scacciare, in settori non marginali della società, la sensazione che l’antistato possa offrire più opportunità dello Stato.
Scopriamo l’acqua calda, ma servono politiche di sviluppo che non si risolvano nello sperpero di denaro per progetti senza prospettiva, l’affermazione del principio meritocratico sulla prassi clientelare e nepotista, la fine della confusione del diritto col favore. Ma soprattutto serve una collettiva assunzione di responsabilità, perché spesso le insufficienze dello Stato diventano l’alibi di complicità quotidiane, più o meno consapevoli, con il malaffare e con la cattiva amministrazione.

Su ZoomSud: http://www.zoomsud.it/index.php/politica/61362-l-intervento-sud-e-legalita-il-nervo-scoperto-della-storia-italiana.html 

lunedì 9 dicembre 2013

E Renzi sia

Prima di ogni analisi, consentitemi di esprimere un ringraziamento particolare. Anzi, 102 volte grazie. Che poi sarebbero di più, perché ai 102 votanti bisogna aggiungere chi ha espresso simpatia per quello che stiamo facendo, pur non potendo o non volendo ancora aderire. Va bene anche l’appoggio morale, il riconoscimento che si è fatto qualcosa di diverso rispetto al passato.
Ci eravamo posti come obiettivo 100 partecipanti alle primarie. La risposta c’è stata e ci induce all’ottimismo. È un punto di partenza, attorno al quale speriamo di riuscire a creare ulteriore consenso. Il seme piantato che, se annaffiato con cura, diventerà pianta. Era importante ripartire, dato che da anni a Sant’Eufemia – di fatto – non ci sono più partiti, ma soltanto comitati elettorali a sostegno di questo o quel candidato che scompaiono il giorno dopo le votazioni. Nel farlo, circa un mese fa, avevamo fatto riferimento proprio alla gestione delle primarie per spiegare quella che è la nostra idea di partito e di politica: “Noi sentiamo il dovere di testimoniare la possibilità di un’altra strada: forse non ci sarà un’affluenza di 300, 400 o 500 elettori. Ma chi verrà, l’avrà fatto consapevolmente. E se nessuno dei candidati dovesse prendere il 100% dei voti, per noi sarà un motivo di soddisfazione” (qui l’articolo completo). Questo ci premeva maggiormente, ancor più dell’esito delle primarie.
Personalmente, non ho votato Renzi, che è stato il primatista anche a Sant’Eufemia con 79 preferenze. Ho scelto Civati, che considero più vicino alla mia idea di sinistra, al quale sono andati 15 voti (insomma, come segretario sono già in minoranza!). Ultimo classificato Cuperlo (8).
La chiave di lettura è molto semplice. L’uomo d’apparato (Cuperlo) per quanto persona seria e credibile aveva poche possibilità di affermazione. Per ciò che rappresenta, più che per quello che è. Intuisco facilmente che tra i sostenitori di Renzi c’è gente che forse non ha mai votato Pd e una buona fetta di vecchia nomenclatura saltata tempestivamente sul carro del vincitore, nel momento in cui si è capito da che parte tirava il vento. Ma non credo sia un buon esercizio per la democrazia snobbare i circa tre milioni di elettori che si sono recati ai seggi.
Il tiro al Pd è uno sport nazionale, anche perché i suoi dirigenti posseggono una notoria propensione alla rissa e al tafazzismo spinto. Però, nel panorama nazionale, è il partito con il più alto grado di democrazia interna. Per cui, non si affannino i facili e interessati censori di destra e di sinistra: quelli per cui prima il Pd era un partito di comunisti e ora è diventato un convento di democristiani; quelli che parlano di democrazia dei partiti e da due decenni stanno al guinzaglio del padrone di Arcore; quelli che non trovano nulla da eccepire nelle “purghe” di Grillo.
Non ho votato Renzi, ma da ieri sera Renzi è il mio segretario, la guida di un partito che mi auguro faccia della pluralità il suo punto di forza. Senza lacerazioni, né scissioni. Un partito inclusivo, nel quale vi sia spazio per Cuperlo, Civati e per la sinistra dei movimenti. Poiché sarebbe esiziale disperdere questo patrimonio, non posso che sottoscrivere l’appello di Romano Prodi, il quale con generosità e senso di responsabilità ha rivisto la decisione di non partecipare alle primarie (e ne avrebbe avuto tutto il diritto, dopo le 101 coltellate dell’aprile scorso): “Le primarie sono il momento dello scontro democratico, ma dopo lo scontro un partito deve mettersi insieme. Quello che io raccomando è che sia il vincitore sia quelli che perderanno abbiano l’obiettivo di fare una squadra, ovviamente diretta da chi ha vinto, ma con gli equilibri e le mediazioni che rendono forte un partito politico”.

mercoledì 4 dicembre 2013

Le primarie del partito democratico a Sant'Eufemia d'Aspromonte


Domenica 8 dicembre, dalle ore 8.00 alle ore 20.00, si vota per scegliere il segretario e i componenti dell’Assemblea nazionale del Partito Democratico.
Il circolo “Sandro Pertini” di Sant’Eufemia d’Aspromonte allestirà il seggio elettorale all’interno del Palazzo Municipale.
Per partecipare al voto occorre presentarsi al seggio muniti di un documento d’identità valido e della tessera elettorale.
Votano sia gli iscritti che i non iscritti al partito: ai secondi, come partecipazione alle spese organizzative, verrà chiesto un contributo di 2 euro.
Previa registrazione, da effettuare online entro le ore 12.00 del 6 dicembre, possono inoltre votare: cittadini/e di età compresa tra 16 e 18 anni, cittadini/e fuori sede per motivi di lavoro o di studio, immigrati/e in possesso del permesso di soggiorno.