In principio fu Giovanni Giolitti: “un mezzo toscano e una croce da cavaliere non si negano a nessuno”. Poi qualcuno aggiunse la stretta di mano, che il fascismo scoprì poco virile e antigienica; infine, toccò al caffè. In un celebre spot degli anni Ottanta, Pino Caruso rischiò di pagare caro un suo vezzo (“al signor Caruso, cuannu si l’arrimina, ci piaci sentiri u scrusciu d’a tazzina”): “mi sono rovinato, ora ci vuole il caffè per tutto il vicinato!”.
Niente a che fare, comunque, con le conseguenze nefaste che la passione per la miscela arabica procurò a Gaspare Pisciotta, il braccio destro di Salvatore Giuliano ucciso da un caffè dell’Ucciardone corretto con la stricnina, e al banchiere Michele Sindona, al quale nel carcere di Voghera fu servito un “lungo” al cianuro.
Ed è proprio per scongiurare rovesci economici che in alcuni bar ai clienti, da diversi anni, è vietato offrire. Si legge proprio così sugli avvisi esposti: “vietato”. Ma può esistere niente di più arrogante e offensivo? Perché levare anche il piacere di offrire a un amico un caffè o una bibita qualsiasi? Ogni volta che si invade il terreno della discrezionalità altrui, imponendo o vietando un comportamento, si compie una violazione della libertà. E violare la libertà, anche quella di offrire un caffè, è cosa molto grave.
Conosco l’obiezione: si tratta di un provvedimento necessario per contrastare gli scrocconi seriali. Quelli sempre in agguato nelle vicinanze del bar, pronti a lanciarsi dentro appena vi fa ingresso la vittima di turno. Quelli che ci rimettono due euro di benzina e un set di gomme dell’auto nell’attesa del momento propizio. Quelli che si spingono addirittura nella sala gioco, sperando che qualcuno alzi lo sguardo dalla biglia del biliardo o da una mano di carte strepitosa: “hai preso il caffè?”.
L’introduzione del divieto ha quindi fondate ragioni. Economiche, perché entri per un caffè e alla fine scopri che ti è costato dieci euro, dato che in certi posti offrire è quasi un obbligo (anche molto ipocrita, certo; ma tant’è). Morali, perché ti evita di pagare per qualcuno anche quando l’unico tuo desiderio sarebbe che la bevanda si trasformasse in un potentissimo lassativo.
E qui si arriva al nocciolo della questione. A pensarci bene, il divieto ha la stessa ratio dell’obbligo di utilizzare la cintura di sicurezza, non perché può salvarci la vita, ma perché altrimenti ci becchiamo la multa. Di indossare il casco sulla moto; utilizzare paletta e sacchetto per raccogliere gli escrementi dei nostri amici a quattro zampe (ma dalle nostre parti ancora ce n’è strada da fare); non lasciare per ore il tubo dell’acqua aperto ad allagare i balconi delle case; compiere o non compiere azioni per le quali basterebbe regolarsi seguendo elementari norme di educazione o di buon senso, senza ricorrere alla minaccia della sanzione o dell’imposizione arbitraria. È, in fondo, la stessa filosofia del “ce lo chiede l’Europa”. Ché se certe cose le decidessero “i nostri” gliela faremmo vedere. Ma l’Europa è l’Europa. E quindi, forse, non ci resta che confidare in una moratoria di Bruxelles, per avere di nuovo il piacere di pronunciare: “trasiti cumpari, u cafè l’aviti pagatu”.
domenica 29 dicembre 2013
Libertà è... offrire un caffè!
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3 commenti:
Hai detto bene: arrogante ed offensivo, io aggiungerei illegale. Non credo che la legge permetta a questi signori di imporre ad una comitiva di persone il pagamento singolo, oppure di vietare ad un cliente di offrire qualcosa ad un amico che entra dopo di lui. Personalmente rifiuto questo concetto e evito di andare nei locali che applicano questa iniziativa. L'unica volta in cui sono rimasto coinvolto in un caso simile, sono entrato dopo un amico, che appena mi ha visto logicamente mi ha invitato al bancone. Il titolare del bar lo ha apostrofato preventivamente in merito; io, guardando la faccia sconcertata del mio amico e quella soddisfatta del padrone del bar, ho semplicemente detto al mio amico: " mi presti 70 centesimi, che non ho spicci?" lui me li ha dati ed io, con una faccia ancora più soddisfatta di quella del padrone del bar, mi sono pagato il caffè. naturalmente non ho mai restituito i 70 centesimi al mio amico. Il padrone del bar però non mi è sembrato tanto soddisfatto…
Ma quante ne sai?! :-D
Leggendo questo post non posso non pensare all'ultima anno del liceo quando, quasi come un imposizione, ci viene detto agli alunni delle classi quinte di dover comprare oltre ai soliti libri di testo anche un altro libro:"Eguaglianza e libertà" di Norberto Bobbio. Leggendo il capitolo "libertà positiva e libertà negativa" sembra quasi di rivivere di riassaggiare quelle splendide righe dove riesci a sentirti veramente libero e dove l'imposizione di un caffè ti sembra quasi una fesseria. Eppure una volta staccatoti dal libro ti ritrovi alla solita vita dove per pagare un caffè con tutto il cuore ad un amico devi cogliere l'attimo giusto sperando di non arrivare un secondo dopo.. Si inizia con il caffè che è la cosa più banale e quotidiana ma io mi chiedo se questa "peste" finirà qui o si diffonderà anche in altri contesti? poi mi rendo conto che siamo riusciti ad arrivare sulla Luna e mi rincuoro perché penso sia una sfida più semplice..
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