mercoledì 13 ottobre 2010

L'equivoco

Dagli articoli e commenti pubblicati negli ultimi due anni, prima sul sito santeufemiaonline e ora su questo blog, si potrebbero fraintendere le mie reali impressioni sulla società attuale. Vorrei pertanto rassicurare i miei venticinque lettori (per dirla alla Manzoni): la nostalgica e facile suggestione del “si stava meglio quando si stava peggio” non mi appartiene, se non nel senso che soggettivamente posso preferire alcuni aspetti del passato rispetto a comportamenti che non condivido o non riesco a decifrare con i miei (desueti?) parametri di valutazione. Comprendo invece che i tempi sono mutati e che la realtà odierna è completamente diversa rispetto a quella di qualche decennio fa, perché le trasformazioni intervenute hanno stravolto le abitudini e la vita delle persone.
È sufficiente parlare con chi oggi ha settanta-ottanta anni per comprendere di quanto siano cambiate le nostre comunità. Parecchie persone sono cresciute in abitazioni prive di beni che noi diamo per scontati: elettricità, acqua corrente, servizi igienici, cucine, riscaldamenti (per non dire degli elettrodomestici e di tutto quanto sia collegato allo sviluppo tecnologico), persino brande e materassi. Quando, alla fine degli anni ’50, cominciarono ad arrivare in paese i primi televisori e la gente dei quartieri (le “rrughe”) si riuniva nelle abitazioni dei pochi fortunati che ne possedevano uno per vedere “Il musichiere” o gli sceneggiati, in tanti andavano a controllare dietro quell’incomprensibile scatolone per verificare se non ci fosse qualcuno nascosto.
Questo per dire che non sono un luddista, non considero cioè il progresso tecnologico un male; e per affermare una verità lapalissiana, cioè che senza dubbio la qualità della vita è di parecchio migliorata dal secondo dopoguerra ad oggi. È pur vero, però, che lo sviluppo industriale ha provocato contraccolpi negativi nelle relazioni sociali: si parla di meno, si tende sempre più all’autosufficienza affettiva, sono aumentate le paure verso l’esterno, si sta sempre di più in casa e di meno sulla strada, a contatto con la vita vera. Quando escono, specie i ragazzini e i bambini, sono sostanzialmente parcheggiati da qualche parte (tempo pieno a scuola, palestra, scuola di ballo, di musica, di tutto).
Questo non significa che i giovani e i bambini di oggi siano meno intelligenti. Semmai è vero il contrario, dato che l’abilità tecnologica di alcuni è veramente sorprendente. Bambini che ancora non hanno imparato a scrivere riescono ad utilizzare correttamente un computer o un telefonino. La loro capacità di apprendimento è di gran lunga superiore rispetto a quella delle generazioni passate, probabilmente perché il cervello, ricevendo maggiori stimoli dall’esterno, è più allenato e predisposto a sviluppare le capacità cognitive.
Il corto circuito scatta quando il nuovo fa tabula rasa del passato, quando sulla modernità non vengono innestati quei valori tanto “antichi” quanto bistrattati: famiglia, amicizia, rispetto, responsabilità.
La famiglia non può abdicare al proprio ruolo educativo. Il permissivismo e il giustificazionismo di alcuni genitori sono dannosissimi. Molti ragazzi pensano che tutto sia loro dovuto e che possano (e debbano) fare qualsiasi cosa passi loro per la testa. Questo perché non è stato loro insegnato che accanto ai diritti esistono anche i doveri; che il rispetto del prossimo e dell’ambiente che ci circonda è un valore fondamentale; che senza responsabilità non può esistere una vita di relazione.
Così come non può rinunciarvi la scuola, con i suoi insegnanti sempre più umiliati e considerati alla stregua di baby sitter, privi di qualsiasi autorevolezza.
Né tantomeno i rapporti interpersonali possono ridursi al click distratto con cui su Facebook si accetta una richiesta di amicizia. Non è inusuale che persone “amiche” nella rete, se si incontrano per strada neanche si salutano. Per me questo non è normale: è semplicemente inconcepibile.

1 commento:

Mariella ha detto...

Non consideri il progresso tecnologico un male, ma intanto sembra che tu demonizzi tutto ciò che parla in bit!
Le tecnologie non sono "mostri" che si impossessano dei nostri corpi, o meglio, delle nostre menti... Dietro un computer c'è sempre un uomo, un essere pensante, dotato di coscienza, nonchè un animale che costruisce relazioni sociali a prescindere dai mezzi che usa a tal fine: insomma, non è colpa dei social network se i rapporti interpersonali tendono a diventare sempre più superficiali ed effimeri. Questa è la mia modesta opinione.

E se posso permettermi una citazione a difesa della rete, anzi delle reti: "La realtà non è che una delle tante finestre sul mondo...e non è nemmeno la migliore"- Lev Manovich