Il cadavere di Utopia riposa dietro una lapide del “blocco 52” del cimitero di Catanzaro, sipario della vicenda umana e politica del comunista Luigi Silipo che Lou Palanca ha recuperato negli anfratti della storia, soffiando sulla polvere accumulatasi in quasi cinquant’anni di oblio. Lo pseudonimo dell’autore collettivo (ispirato a Massimo “O Rey” Palanca, idolo giallorosso specialista del gol su calcio d’angolo negli anni Settanta-Ottanta) si rifà all’esperienza avviata negli anni Novanta in Italia da Luther Blissett e proseguita da Wu Ming, culminata con l’esperienza del New Italian Epic, genere di romanzo che mescola realtà storica e finzione letteraria.
Blocco 52. Una storia scomparsa, una città perduta, edito da Rubbettino e scritto a dieci mani (Fabio Cuzzola, Valerio De Nardo, Nicola Fiorita, Maura Ranieri e Danilo Colabraro), si snoda su più piani e offre diverse chiavi di lettura. Personaggi reali, chiamati per nome e cognome, che incastrano le proprie esistenze con la trama del romanzo (“un delitto che dalla Calabria degli anni Sessanta arriva fino a Praga”), fotografie in bianco e nero di vicende da narrare perché, “se non c’è nessuno che fa memoria, è come se le storie non fossero mai esistite”.
L’assassinio dell’eretico Luigi Silipo (1 aprile 1965), dirigente di primo piano del partito comunista in Calabria che vede progressivamente incrinarsi le certezze granitiche sulla bontà del centralismo democratico e sulla prassi del comunismo internazionale, da “omicidio impunito, dimenticato o da dimenticare” assurge a metafora del bilancio amaro di una stagione politica e di una generazione costretta a tapparsi le orecchie per non sentire “il rumore che fanno i sogni che abortiscono”.
Il passato ha l’odore dell’aria ammorbata dal fumo delle sigarette nelle sezioni di partito e nelle sale cinematografiche, il colore delle palline usate come tappo per le bottigliette della gazzosa, le inquadrature della cinepresa di Pasolini in “Comizi d’amore”, la lezione sempre attuale di don Milani, le canzoni di una generazione che avrebbe voluto scalare il cielo e sognava di portare la fantasia al potere. Blocco 52 è la Catanzaro dei “bassi” invivibili e della speculazione edilizia, delle carte di Piazza Fontana incredibilmente sepolte in uno scantinato; è la Reggio degli anni Settanta, la controcultura e le bombe, l’intreccio inquietante di fascismo, ’ndrangheta, massoneria e servizi segreti. Ma è anche la crisi materiale e morale della società attuale, sulla quale si posa lo sguardo ora amaro, ora ironico, di Vincenzo Dattilo, alter ego del “pendolare fisso” Fabio Cuzzola, dal quale prende in prestito anche il blog Terra è libertà.
Storia grande e piccole storie si intrecciano e si tengono assieme, seguendo il filo conduttore di un omicidio i cui possibili moventi (politico, passionale, affaristico-criminale) conducono a una lapide spoglia, abbandonata e dimenticata da tutti. Sullo sfondo, una serie di “vinti” (Nina, che mantiene i contatti con i futuri protagonisti della Primavera di Praga; Maria Grazia, che perde la verginità sotto lo sguardo corrucciato di Marx, Engels e Lenin; Caterina, vittima rassegnata di una società patriarcale) e il più “vinto” di tutti: Gavino Piras, funzionario del partito comunista mandato da Roma per gestire, all’indomani della morte del “Migliore”, lo scontro tra amendoliani e ingraiani e che sull’altare dell’ideale politico sacrifica amore e felicità personale.
La rivoluzione soffoca in tasca, come i pugni del celebre film di Marco Bellocchio, ed è amara consolazione rifugiarsi nell’illusione “che il cielo sia così vicino che lo puoi toccare con un dito”, parallelismo irriverente tra l’utopia comunista e l’esistenza della prostituta Assunta. Impegno politico e ricerca della verità si rivelano una battaglia persa, “ma le battaglie perse – ci ricorda Dattilo – sono le uniche che vanno combattute. O, perlomeno, le uniche che meritano il bacio sulle labbra che le trasforma in un libro”.
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4 commenti:
Un messaggio nella bottiglia da inviare a tutto il web!! Quando l'acume dello storico incontra la letteratura non può nascere un post bellissimo come questo. Sei riuscito a cogliere i diversi aspetti che gli autori hanno voluto sottolineare.
ps ho fatto il relink sul mio blog. Grazie ancora.
Grazie a tutti voi, perché ci avete regalato una storia dimenticata e perché il libro è una bella lezione sull'importanza della memoria.
Sulla scomparsa di Luigi Silipo cosa vuoi che ti dica? All'epoca avevo 15 anni (puru tu!) e dello sconcerto provocato dalla sua tristissima sorte sentivo i commenti ed i giudizi da parte di nostri compagni anziani. Ma anch'essi dicevano quello che sapevano. Ovverosia che Silipo fosse stato vittima di oscure macchinazioni poste in essere (e realizzate) da forze oscure e poteri occulti riconducibili al mondo del grande latifondo e dei poteri criminali che i latifondisti riuscivano a muovere. Senza alcun dubbio Silipo morì a causa della sua attività politica e sindacale di organizzatore delle lotte del mondo contadino e bracciantile. Mi sembrano del tutto fuori luogo (e fuorvianti) ipotesi fantasiose quali, ad esempio, l'esito di uno scontro tra fazioni contrapposte all'interno del P.C.I. ed ancor meno quella del delitto passionale.
Occorre tener ben presente che in quegli anni si registrò la sconfitta quasi definitiva del poderoso movimento di lotta per la terra avviato subito dopo la guerra. L'Italia conosceva il boom economico dello sviluppo dell'industria ed i processi migratori dalla nostra Calabria verso il Nord e altri Paesi del Nord Europa assunsero le caratteristiche di un esodo di massa. A distanza di tanti anni se ne possono vedere le conseguenze oggi: la Calabria è una delle regioni (d'Italia e d'Europa) meno sviluppate dal punto di vista economico e sociale.
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