Ho letto la riflessione domenicale di Antonio Polito sulla prima pagina del Corriere della Sera: “Quelle leggi antimatrimonio”.
Una panoramica a trecentosessanta gradi sulle ragioni del calo inarrestabile dei matrimoni in Italia: quarantamila in meno negli ultimi tre anni. Uno pensa: la crisi economica. Macché. Quello è l’ultimo dei problemi per l’ex direttore de Il Riformista, che infatti neanche la inserisce tra le cause del declino dell’istituto matrimoniale.
Il motivo principale andrebbe invece ricercato nella selva legislativa della materia, “una pletora di leggi e regolamenti che in Italia disincentivano a sposarsi”. Un esempio? La recente circolare dell’Università di Genova che, estendendo le norme della legge Gelmini contro il nepotismo dei baroni, proibisce l’assunzione di docenti sposati con colleghi che già lavorano nell’ateneo della città della Lanterna. Tra le invettive scagliate contro la riforma Gelmini quella del giornalista campano, seppure “indiretta”, è la più singolare. Non ci aveva pensato proprio nessuno, bisogna ammetterlo.
Un caso di scuola, prosegue Polito, riguarda invece la regolamentazione delle assunzioni in Rai. Benedetto figliolo, è notorio che la Rai è ormai il bancomat di mogli, figlie, amanti di politici e vip di turno (collaborazioni, consulenze e chi più ne ha più ne metta). Per dire: per anni gli italiani hanno stipendiato il compagno di Antonella Clerici, un animatore di villaggi turistici diventato improvvisamente autore dei programmi della procace conduttrice televisiva, sparito l’indomani della fine della storia d’amore tra i due. E sarebbe sufficiente leggere le firme dei servizi dei telegiornali e dei membri delle redazioni giornalistiche (un velo pietoso sulla carta stampata), per farsi una semplicissima domanda (“sarà figlio/a di?”) e dedicare una sonora pernacchia a Polito.
Ma forse siamo noi accecati dalla furia anticasta e inebriati dal grillismo più sfrenato, mentre quello di Polito è un ragionamento ineccepibile, che scoperchia l’ingiustizia di norme discriminatorie e inaccettabili per qualsiasi paese civile. Se lo tolgano dunque dalla testa i 12 milioni di italiani conteggiati dall’editorialista del Corriere che vivono “al di fuori della famiglia tradizionale”: è vano sperare di regolarizzare la propria situazione sentimentale, pena la rinuncia alla cattedra universitaria o alla scrivania di un tg nazionale. Notoriamente, il sogno di tutti gli italiani.
Senza contare, incalza un incontenibile Polito, tutti quei furbastri ottuagenari che non si risposano per non perdere l’uso della casa o per non dovere rinunciare all’assegno di reversibilità della pensione del defunto coniuge. Anche se qua è più indulgente, concedendo e concludendo che l’istituto giuridico del matrimonio è diventato “troppo rigido per una società tanto flessibile”.
Sulla crisi economica, sulla precarizzazione del lavoro e sulla disoccupazione giovanile, sul disastro dell’edilizia sociale neanche un accenno. Coppie di giovani senza un lavoro dignitoso, senza un alloggio, senza la speranza di un futuro migliore e per Polito sembra che il problema sia la riforma Gelmini. Troppi salotti televisivi e poca strada. La sindrome dello scollamento dalla realtà evidentemente è una patologia che non colpisce soltanto i politici.
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