Ci si affeziona ai quotidiani, compagni irrinunciabili delle giornate dei lettori attenti a ciò che accade nei microcosmi e nel mondo più grande. Soprattutto, ci si affeziona ai corrispondenti locali, la voce di posti sperduti dei quali spesso, se non ci fossero loro a scriverne, non si saprebbe niente. Le loro firme in calce agli articoli diventano familiari, tanto che si finisce per collegare un paese a un nome e cognome, o alle sue iniziali. Sinopoli, San Procopio, Seminara e Melicuccà sono stati per decenni Antonio Ligato (a.l.): Totòligato – tutto attaccato – per chi lo conosceva e gli voleva bene. Ho saputo che non è più mentre passeggiavo sul lungomare di Reggio Calabria baciato dal sole, quando a tutto si pensa tranne che alla morte.
Lo rivedo con il suo caratteristico cappello e le sue immancabili sigarette, riesco anche a sentirne la voce bassa ma limpida, la frase che pronunciava scendendo dalla sua “Punto”, mentre si avvicinava a me se mi vedeva davanti al bar di mio padre: “ti ho visto e mi sono fermato per fare una chiacchierata”.
Amava la conversazione e la cercava. Il discorso finiva spesso oltre lo Stretto, all’Università di Messina (dove, ai tempi mitici del preside Antonio Mazzarino, aveva collaborato con la facoltà di Magistero e, in anni più recenti, con quella di Scienze dell’Educazione), a dinamiche che entrambi conoscevamo, agli incredibili strafalcioni grammaticali di certi laureandi. Si parlava delle contraddizioni di questi nostri posti, di cultura e di giornalismo, di quanto la professione sia degradata, tanto da doversi ritrovare – alcune mattine – a leggere articoli scritti “con i piedi”.
L’avevo conosciuto 15 anni fa, lui corrispondente per la «Gazzetta del Sud», io per «Il Quotidiano della Calabria». Da allora non abbiamo mai smesso di “frequentarci”, di scandagliare quelle piccole storie che affascinavano entrambi, che io ho finito per raccontare sul blog e nei libri, lui sulle pagine della Gazzetta, in un esercizio appassionante di custodia della memoria dei nostri luoghi.
Aveva voluto recensire i due libri che ho scritto sulla storia politica e amministrativa di Sant’Eufemia e sulla sua toponomastica. Neanche due mesi fa ero rimasto piacevolmente sorpreso di leggere del mio Il cavallo di Chiuminatto in un suo pezzo sulla vicenda della demolizione del ponte della ferrovia di Sant’Eufemia.
Totò era un giornalista romantico, al quale la dimensione di corrispondente locale andava bene, nonostante avesse una solidità culturale e uno stile di scrittura da giornalista di razza. Mi mancheranno le sue osservazioni mai banali e la sua capacità di analisi, il suo amore per i nostri territori e per le storie delle umili genti, che soltanto nella penna di chi ha una sensibilità particolare trovano riscatto.
*Foto tratta dal profilo Facebok Antonio Ligato
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
1 commento:
È andato via l'ultimo dei romantici. . .Adesso ha finalmente trovato la pace e l'amore che cercava. Dove si trova ora ha già due fraterni amici per fare una "chiacchierata".. Ciao Totò
Posta un commento