«È un po’ come se il mio Catanzaro avesse vinto il campionato». Di nuovo Catanzaro come termine di paragone. Alle aquile giallorosse Claudio Ranieri aveva già fatto riferimento quando gli era stato chiesto a quale esperienza calcistica era paragonabile il suo Leicester. Si era ancora ai primi di febbraio, sportivi e addetti ai lavori cominciavano a chiedersi quale fosse il segreto di una squadra ritrovatasi a sorpresa in vetta alla Premier League. Alla domanda di Mario Sconcerti su cosa potesse paragonare la propria squadra, dalle colonne del Corriere della Sera Ranieri non citò nessuno dei club blasonati che aveva allenato in precedenza: «Alla fine della carriera da giocatore ho trovato una squadra così: era il Catanzaro di Gianni Di Marzio, di Palanca, Silipo e gli altri. Capisco non sia un grande esempio, meglio Guardiola. Ma quella era una squadra come il Leicester, un gruppo di amici che viveva insieme». Ed è stato commovente vedere le lacrime di Fausto Silipo alla Domenica Sportiva, lacrime di emozione per il successo ottenuto dall’amico di sempre. Spirito di gruppo, ecco la chiave del successo: il collante che da quarant’anni tiene insieme i calciatori di quel Catanzaro e che, ora, ha fatto sì che diventasse realtà il sogno del primo scudetto in 132 anni di storia delle volpi blu, quotato 5.000 a 1 dai bookmakers inglesi.
La vittoria dell’organizzazione e della forza di volontà. Una vittoria romantica che si fa beffe delle campagne acquisti faraoniche, ma anche una vittoria che le aziende stanno già studiando per capire se il “modello Ranieri” è esportabile in altri settori. Come ottenere grandi risultati con pochi soldi a disposizione, puntando tutto sull’aspetto motivazionale.
Da tre giorni le televisioni inglesi non parlano d’altro. Un inviato della BBC ha setacciato il Testaccio alla scoperta dei luoghi dove Ranieri è cresciuto, raccogliendo anche la dichiarazione in romanesco del fioraio (“Claudio è l’unico con la testa sopra le spalle”). Per Leicester si prevede addirittura un aumento dei flussi turistici, grazie all’impresa compiuta dai ragazzi di “Claudio” (non di “Mr. Ranieri”), che è parte integrante della comunità (“è uno di noi”), con le sue passeggiate al mercato della frutta o la spesa al supermercato, le sue soste con la gente comune per parlare, stringere mani, concedere selfie. L’idolo delle signore over 55, le quali utilizzano come sfondo del display del telefonino la foto con Ranieri, una persona “educata e seria”, un “gentiluomo d’altri tempi” che fa anche “un buon odore”!
Ranieri fa fare bella figura all’Italia. L’immagine dell’italiano all’estero, simpatico e dalle buone maniere, ne esce rafforzata. Il suo è anche il successo di chi ce la fa fuori dal Bel Paese, che se da un lato riapre l’annosa questione della fuga dei cervelli, dall’altra dà linfa al sentimento dell’identità nazionale e dell’orgoglio italiano tra gli emigrati italiani.
Ma la lezione più importante di questa favola l’ha sintetizzata, con semplicità e umiltà, Ranieri stesso, dichiarando a caldo: «L’unica cosa che posso dire a tutti quanti è di crederci sempre. Provateci, non solo nel calcio, ma in tutti i campi della vita». A dispetto di ogni teoria rottamatrice che voleva il sessantaquattrenne Ranieri alle ultime panchine in squadre di seconda e terza fascia, ormai destinato a concludere la carriera senza vincere un campionato di calcio, questa storia insegna che c’è sempre tempo per realizzare i propri sogni, che non bisogna mai arrendersi e che esiste sempre un’altra possibilità finché si ha la forza di crederci. E quindi: God save the coach!
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2 commenti:
Malgrado il mio odio verso gli interpreti dello sport nazionale, devo ammettere che è tutto vero.
Nella foto Ranieri è in versione "abbigliamento da cucina"? E' inguardabile, ma questa volta lo perdoniamo.
In abbraccio
In Inghilterra hanno risolto il problema della successione al trono :-D
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