Ho avvertito un senso di vuoto e molta amarezza nell’apprendere la notizia di quella dirigente scolastica di un Istituto comprensivo di Catanzaro che voleva impedire ad un ragazzino affetto dalla sindrome di Down di prendere parte alle uscite della sua classe. La storia è ormai nota. Durante una giornata di orientamento presso l’Istituto alberghiero di Soverato, dopo che la preside aveva tentato di tenere a casa l’alunno disabile perché quel giorno non c’era l’insegnante di sostegno (l’accompagnatore è obbligatorio fuori dall’edificio scolastico), questi rompe un bicchiere e si dimostra alquanto vivace. Per tale motivo, la preside comunica ai docenti l’intenzione di vietare in futuro al ragazzino la partecipazione alle gite, e lo stesso fa con gli alunni della classe, giustificando il provvedimento con la motivazione che “tanto, lui non capisce niente”. I compagni però si oppongono: “senza di lui, non andiamo neanche noi”, dando una lezione agli adulti e sconfiggendo il luogo comune suoi giovani di oggi senza valori, attratti soltanto dai vestiti firmati e dai telefonini di ultima generazione, dall’effimero e dal vacuo. Finiscono così sulle prime pagine di tutti i giornali perché, come ha fatto notare Isabella Bossi Fedrigotti sul Corriere della Sera, si sono dimostrati “più generosi, più civili, più veri uomini e vere donne” della preside.
Non bisogna ovviamente generalizzare. Ci sono tantissimi insegnanti che risolvono con il buon senso questo genere di problemi. Sono quelli che hanno come obiettivo non tanto il magro stipendio di fine mese, quanto il perseguimento della funzione educativa della scuola. Se non c’è l’insegnante di sostegno (eventualità non peregrina, dopo i tagli della Gelmini), assumono essi la responsabilità di portare in gita gli alunni disabili. Perché, quand’anche il disabile non dovesse capire niente, va ricordato che tra i compiti della scuola vi è anche quello di sviluppare le capacità dei ragazzi di socializzare e relazionarsi con gli altri.
Ho la fortuna di avere un minimo di familiarità con la disabilità. Ribadisco “fortuna”: chi fa volontariato mi comprenderà. Ma prima ancora, ho avuto la fortuna di avere amici che hanno iniziato prima di me, ai quali sarò riconoscente per tutta la vita, perché è grazie a loro che ho potuto conoscere una realtà che mi riempie il cuore e che mi ha consentito di essere ciò che oggi sono, un uomo certamente migliore del ragazzo che fui. Ho pianto pochissime volte nella mia vita. Due sono legate all’emozione delle esperienze che ho avuto modo di vivere grazie all’Agape, l’associazione della quale faccio parte da undici anni. La prima, un musical preparato dall’associazione, “La bella e la bestia”, con “la bella” interpretata da una ragazza down. La seconda, un pranzo consumato nel giorno di Natale presso una casa di cura per anziani. E poi tante altre emozioni, occasioni come la convivenza, giorno e notte, con soggetti disabili durante le colonie estive, che fanno capire cosa conti davvero nella vita, al di là delle maledette urgenze dettate dalla quotidianità. La mascotte della nostra associazione è un’altra ragazza down, che abbiamo visto crescere sin da quando era una bimba e che ora è maggiorenne. Anche lei ogni tanto è molto vivace. A volte ci prende a schiaffi, o si siede per terra perché non vuole più camminare e allora diventa dura, dato che pesa cento chili. Però ci recita la filastrocca dell’ “echifante” (l’elefante), ci fa le coccole e ci dà tanti baci. Ecchissenefrega degli schiaffi: se ne subiscono ben altri nella vita e quelli fanno male per davvero.
venerdì 25 febbraio 2011
La lezione dei bambini
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6 commenti:
Complimenti per il tuo articolo! Sono sempre stata dell'idea che i bambini, nella loro ingenuità, riescano a vedere lontano . In questo caso hanno risposto ad un gesto meschino difendendo la dignità di uno di loro. Hanno capito che la diversità di quel loro compagno non lo rende peggiore, ma lo rende speciale. E questo è davvero significativo. Anch'io ho avuto la fortuna di avere a che fare con la disabilità. Iter simile al tuo, come sai. L'Agape mi ha fatto questo grande regalo e ognuno dei bambini che ho conosciuto e amato grazie al volontariato rimarrà sempre nel mio cuore.
caro domenik ricordo anch'io con grande commozione quel musical, preparato con gioia e impegno anche se non ricordo bene chi fosse l'interprete della Bestia.....mah.....
cmq l'Agape ormai fa parte della mia famiglia anzi ormai è la nostra famiglia dove viviamo esperienze di grande gioia, commozione e specialmente di momenti che arricchiscono la nostra vità.
Grazie caro amico x avermi ricordato ( anche se non lo dimentico mai) cosa vuol dire la parola AGAPE....cioè AMORE!!!!
speriamo solo in quei ragazzi che hanno detto : NO! Negli adulti ormai non ripongo alcuna speranza.
Spero di poter fare qualcosa anche io per l'Agape, magari la prossima estate! Bella riflessione sugli schiaffi Dominik! :)
Vero prof...le emozioni vissute con i nostri ragazzi sono state e continuano ad essere infinite e bellissime...!Questa ke citerò sarà una frase fatta,ma x me con un enorme valore e significato,e sulla quale ci si dovrebbe un po riflettere..."nn siamo noi a dare a loro,ma loro a dare ed insegnare tantissimo a noi".Grazie...AGAPE.
Anche se in ritardo,ho appena letto il tuo articolo.Grande gioia nel pensare che tra gli "amici" con cui hai vissuto queste emozioni, c'era una ragazza,(ormai donna) che ha creduto nell'amore incondizionato, che ha amato e mai dimenticato l'incontro con l'echifante,con la canzone tanta voglia di lei! IO ho avuto la grande fortuna, carissimo amico mio, di piangere accanto a te, di custodire gelosamente ricordi di tanti sorrisi speciali e perchè no.... anche di tanti schiaffi!!!! Grazie Domy,un bacio Sara
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