Non me l’aspettavo e proprio per questo mi ha fatto ancora più piacere ritrovare tra la posta elettronica l’email del mio professore di Lettere alla scuola media, Aldo Coloprisco. Sono trascorsi quasi trent’anni, ma per me rimane sempre il mio caro professore. E quindi sono contento che mi abbia dato un bel voto. (D. F.)
Carissimo Domenic, sono lento per natura, ma la vista ultimamente mi crea non pochi problemi che grazie alla mia caparbietà cerco di superare. Questo incipit mi serve per spiegare il lungo tempo che ho impiegato per leggere il tuo Minita.
Ti dico subito che mi è piaciuto tantissimo, che mi ha commosso per l’umanità che hai saputo spargere in tutte le tue pagine. I tuoi personaggi balzano vivi e veri, anche se molti hanno fatto il lungo viaggio e ora ti sorridono dall’alto della loro raggiunta serenità.
Minita è il canto di un giovane uomo che ama il suo paese e che sa guardare gli uomini e i fatti che lo riguardano con bonaria ironia e con la consapevolezza che le cose buone e belle esistono e sono accanto a noi.
Sarà perché anch’io ho voluto molto bene a mia nonna, o forse perché anch’io sono nonno, le pagine di “Una regina di nome Ciccia” mi hanno particolarmente preso, non solo per il titolo straordinario che sarebbe bastato da solo a esaltare la figura di questa donna d’altri tempi che tu hai reso immortale, ma anche perché attraverso il ricordo della nonna riporti a vita il passato che balza presente e vero dalle tue pagine. Questo mi conferma, se mai ce ne fosse bisogno, che in realtà non esiste il passato, ma tutto è presente e vive dentro di noi.
Mi piace ciò che descrivi. Parti dal paese ma poi abbracci il mondo. Grazie a te diventano personaggi per sempre anche i poveri cristi. Salvatore, Ceu Galera, mastru Nino, Frank il mongolo, Peppe e tantissimi altri sono tratteggiati con lo spirito di chi, pur sottolineando la particolarità di quelle esistenze, abbia voluto abbassar loro le palpebre e accarezzare con dolcezza le guance.
Minita è una preziosa miniera o, con una immagine più leggera, una pista da ballo dove i danzatori volteggiano su una musica ora allegra ora triste e malinconica che tu scegli con oculato discernimento: vedo personaggi che conosco, altri di cui ho sentito parlare, altri ancora a me ignoti.
Mi commuovono per la delicatezza dei toni e per la sincerità dei sentimenti che esprimono le pagine dedicate alla cara maestra, signora Rina De Leo, mia paesana e amica.
E che dire de “L’ultima lezione” con cui ricordi con l’affetto devoto di un discepolo il maestro divenuto anche un grande amico? Tu, caro Domenic, sei stato fortunato a incontrare sulla tua strada il prof. Rosario Monterosso, ma anche lui lo è stato e sicuramente sorride soddisfatto dall’angolo del suo paradiso nel constatare che i suoi consigli e i suoi insegnamenti continuino a vivere nella tua mente.
Io, purtroppo, non ho avuto il piacere e l’onore di godere della sua amicizia. Era una conoscenza superficiale, un saluto, una stretta di mano e basta. Me ne dolgo nel profondo, perché avrebbe potuto dare anche a me le sue lezioni di vita.
La penna di Minita è come la zappa del contadino, che rivolta la terra per renderla fertile e pronta alla semina. La raccolta alla fine sarà generosa e si chiama “lo stupore di Mico”, l’esempio e il coraggio dei bambini e del campione Lorenzo Genovese, le analisi critiche sempre originali e puntuali delle opere di scrittori contemporanei, i commenti ai testi di canzoni che hanno scandito e accompagnato i momenti dolcissimi e quelli tristi di una giovane e inquieta esistenza.
Finisco questa mia chiacchierata ringraziandoti per aver dato spazio al mio “Libraio di Meladoro “. Lo so, hai usato un occhio di riguardo per questo tuo vecchio professore bizzarro: bellissima definizione, che mi riporta alla mente il favoloso mondo dei miei verdi anni e delle innumerevoli ore trascorse in mezzo agli studenti meladoresi nella speranza o nella illusione di farli partecipi della mia pazzia.
Un forte abbraccio e buona Pasqua.
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