martedì 7 aprile 2015

Minita a Calabria d'Autore

Venerdì 3 aprile ho presentato “Minita” all’interno della prestigiosa rassegna “Calabria d’Autore”, organizzata dall’Associazione Incontriamoci Sempre presso la sede della Stazione FS Reggio Calabria “Santa Caterina”. Di seguito, il resoconto della serata, realizzato da Stefania Valente per la testata giornalistica online ZoomSud.
(http://www.zoomsud.it/index.php/cultura/79497-domenico-forgione-a-calabria-d-autore.html)

Di Stefania Valente  Calabria d’autore ospita Domenico Forgione, dottore di ricerca in Storia dell’Europa mediterranea, giornalista pubblicista, scrittore e autore, tra gli altri, del libro “Minita”, edito da Disoblio.
Sul palco Antonio Calabró, che ha curato la prefazione del libro, affiancato da Daniela Mazzeo, agitatrice culturale ormai nota al pubblico affezionato di Calabria d’Autore e Vanessa Schiavone, collaboratrice fissa della rassegna, per colloquiare con lo scrittore e cercare di carpire le armoniche fondamentali della sua scrittura.
Domenico Forgione è un ragazzo di Sant’Eufemia d’Aspromonte nato per caso in Australia che ispira una fiducia immediata. Il suo ingresso sul palco, accompagnato dalle note di Chuck Berry, infonde l’impressione di una persona equilibrata e rassicurante, positiva, che sorride sempre alla vita, nonostante la vita gli abbia chiesto fatica e pazienza, come traspare dietro il suo sorriso e come lui stesso ci confermerà nel corso della serata.
Antonio Calabró apre il colloquio indagando sulle motivazioni che hanno portato alla stesura di questo libro. Forgione risponde che la motivazione alla scrittura è difficilmente circoscrivibile, ma che senz’altro in questo libro c’è la voglia di denunciare atteggiamenti distorti delle piccole società della Calabria che portano ad una omologazione spersonalizzante, che mortifica l’individuo. C’è il conseguente desiderio di dare un volto, un nome ed un posto ad alcuni personaggi del paese meritevoli di nota, che altrimenti sarebbero rimasti in ombra.
Le domande si susseguono numerose e interessanti. Daniela Mazzeo è incuriosita dal rapporto (tenero) che lo scrittore ha con le donne. Vanessa Schiavone invece dal suo pensiero sull’istituzione scolastica e sulle riforme che essa sta subendo. Forgione risponde con la serenità che gli è propria e che gli abbiamo riconosciuto al primo sguardo. Le donne sono per lui “angeli” e la scuola andrebbe riformata ricostruendo il prestigio della classe insegnante col ripristino della passione e soprattutto del rispetto.
“La scrittura è un atto politico?” provoca Calabró quasi a sorpresa. “Sì” risponde lo scrittore “è un atto politico. Esprimere opinioni e assumersi le responsabilità delle proprie affermazioni è sempre un atto politico”.
La discussione si sposta al titolo del libro e alle radici della malavita organizzata in Calabria. Il titolo? Semplicemente il nome “Domenico” distorto da lui stesso bambino. La ’ndrangheta? Poggia le sue radici sul disagio economico e sociale, ma il suo diffondersi e incancrenirsi negli strati sociali è favorito anche dalla solita mentalità “del favore” che innanzitutto andrebbe corretta.
Così, sulla solita questione senza soluzione, la serata volge al termine, con un ultimo pensiero da parte del nostro ospite sulle giovani generazioni. È un pensiero di fiducia più che di speranza, di esortazione a non cadere nelle grinfie e nei meccanismi del nepotismo e della raccomandazione, ma di difendere la cultura e il merito.
Una scelta che lui stesso ha fatto e che, nel tempo, lo ha ripagato dandogli la possibilità di diventare la persona di qualità che abbiamo conosciuto, lo scrittore che abbiamo apprezzato leggendo le sue opere, il ragazzo di Sant’Eufemia che non ha tradito il suo modo di essere.
Domenico Forgione lascia il palco tra gli applausi. Il pubblico ha conciliato gli impegni del venerdì santo per essere presente e tutti sono soddisfatti per l’atmosfera briosa, tra libri, musica, brani di film; la solita miscela che caratterizza ormai la rassegna.
La serata si chiude con la solita freschezza: un piatto di spaghetti, un bicchiere di vino.
Qualcuno va via con “Minita” sotto il braccio, qualcuno con l’uovo di sei chili vinto alla lotteria di beneficenza organizzata dall’Associazione, qualcuno sotto il braccio della moglie e qualcuno da solo, ma tutti accomunati dalla sensazione che qualcosa per questa nostra terra devastata si possa fare, non miracoli, ma qualcosa che funzioni sì.
Alla prossima, venerdì 10 con Mimmo Cavallaro che racconterà la sua storia.

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