lunedì 12 settembre 2016
11 settembre 2001, il ricordo
L’11 settembre mi sorprese all’Archivio di Stato di Catanzaro, alle prese con le ricerche per la tesi del dottorato. Mi fu annunciato per telefono da mio fratello Mario, allora in Australia: un intreccio di fusi orario vertiginoso. Per radio, mentre rientravo a Sant’Eufemia, appresi i dettagli di ciò che era accaduto. Provai soprattutto incredulità: sul suolo americano una cosa del genere era impensabile.
Nel gennaio successivo fui a New York, per una ricerca sull’identità italo-americana insieme ad altri colleghi, che ci tenne là per due mesi. Un po’ ci sentivamo tutti americani, sulla scia del monito di Ferruccio De Bortoli sul Corriere della Sera, che parafrasava il vecchio discorso di John Kennedy a Berlino. Per cui non obiettammo nulla alla padrona di casa che ci raccomandò di non togliere le due bandiere a stelle e strisce poste ai lati dell’ingresso. D’altronde eravamo ospiti di un paese straniero.
Non c’era paura in giro, questo mi colpì immediatamente: soltanto commozione e un aumentato sentimento della nazione tra gli statunitensi, qualcosa a dire il vero distante dalle mie corde, che però aveva una sua giustificazione. Ricordo in particolare una processione sulla 5th Avenue con un corteo interminabile per una commemorazione di vittime irlandesi. E poi l’odore aspro, che feriva le narici, del World Trade Center, ben 5 mesi dopo l’attentato alle Torri Gemelle. Ma anche la faccia allegra della guardia giurata che all’Empire State Building prese in consegna la scorta di bottiglie di vino, di birra e di gin che avevamo acquistato poco prima: «Ragazzi, che problema avete?!».
Ci siamo sentiti tutti americani, anche se per poco tempo. Già l’attacco all’Iraq, sulla base di un casus belli totalmente confezionato in laboratorio, ci avrebbe fatto ricredere. Così come tutta la politica statunitense in Medio Oriente, dove l’instabilità regna sovrana e il sogno della democrazia, che napoleonicamente si credeva possibile esportare sulla punta delle baionette, segna decisamente il passo.
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