Hanno ragione d’essere, oggi, le categorie destra e sinistra? Morte e sepolte le ideologie del ventesimo secolo, possiamo ancora accapigliarci su cosa sia di destra e cosa di sinistra, come faceva Giorgio Gaber, prendendo in giro un po’ tutti?
Il Paese è prostrato da una crisi economica che dura da anni e della quale non si intravede la fine. Osservando i comportamenti di personaggi assurti a modelli di vita – è sufficiente un quarto d’ora davanti ad una telecamera per diventare un ascoltato ed influente maître à penser – è possibile rilevare quotidianamente un angosciante declino etico della società. Il messaggio, semplice e agghiacciante, è che con i soldi si può comprare tutto; con i compromessi nessun traguardo è irraggiungibile; l’intelligenza e il merito sono meno utili di uno stacco di coscia vertiginoso o di un passaggio dalla villa del Lele Mora di turno. Il sistema politico italiano e, prima ancora, la società civile stanno andando a rotoli e ancora – come se le lancette fossero pietrificate al 1994 – il dibattito si avvita sull’antitesi tra berlusconismo e antiberlusconismo. Una coazione a ripetere che, di fatto, è stata funzionale al perpetuarsi del potere di una classe politica inadeguata. Dove sarebbero ora i più fedeli lacchè di Berlusconi o, sull’altra sponda, i suoi più tenaci oppositori senza questo scenario di perenne lotta del bene contro il male? Personaggi che alimentano il culto della personalità del capo o la demonizzazione di colui che è considerato l’unico vero responsabile di tutti i mali della società italiana e non, piuttosto, il suo prodotto.
Soprattutto, ha senso una contrapposizione del genere nel Mezzogiorno, visto che non fa altro che andare a vantaggio del governo centrale e degli interessi del Nord del Paese, quelli che storicamente hanno avuto la prevalenza su ogni ipotesi di perequazione sociale, politica ed economica dell’Italia? Il fiorire di esperimenti politici a forte connotazione localistica sembra rappresentare una novità significativa. È la reazione di coloro che sono stanchi di essere considerati soltanto un voto affidato a classi politiche distanti, distratte e disinteressate. Qualcuno dovrebbe infatti spiegarci per quale motivo da giorni i mass media parlano esclusivamente dell’alluvione nel Veneto e ignorano (o quasi) la Campania e, soprattutto, la Calabria. Per quale motivo nessuno – come invece hanno fatto Corriere della Sera e La7 per il Veneto – si è fatto promotore di una sottoscrizione per raccogliere fondi per le regioni meridionali alluvionate?
Ecco perché occorre “fare fronte”, al di là di ogni appartenenza politica. Non per elemosinare qualcosa, quanto per avere riconosciuta pari dignità.
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